etologia – Debora Segna, addestramento cani, istruttore cinofilo FISC Libertas https://deborasegna.it Addestramento Cani Wed, 27 Mar 2024 20:09:49 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.4 https://deborasegna.it/wp-content/uploads/2016/04/Favicon-340x340.png etologia – Debora Segna, addestramento cani, istruttore cinofilo FISC Libertas https://deborasegna.it 32 32 Perché non c’è nulla di divertente quando un cane distrugge compulsivamente?  https://deborasegna.it/2024/03/27/perche-non-ce-nulla-di-divertente-quando-un-cane-distrugge-compulsivamente/ https://deborasegna.it/2024/03/27/perche-non-ce-nulla-di-divertente-quando-un-cane-distrugge-compulsivamente/#respond Wed, 27 Mar 2024 20:06:46 +0000 https://deborasegna.it/?p=2278 Cari amici, spesso si vedono in rete video nei quali sono presenti dei cani che, ogni volta che vengono lasciati soli in casa, distruggono ogni cosa.

Questi filmati, nella maggior parte delle volte, diventato davvero virali e vengono interpretati da un gran numero di persone come qualcosa di divertente e che, allo stesso tempo, si pensa che diverta il cane. 

Ma è proprio così? 

Innanzitutto va detto che i cani utilizzano moltissimo la bocca, sia per conoscere il mondo, soprattutto quando sono cuccioli o molto giovani, e sia per abbassare i livelli di stress attraverso l’atto di mordicchiare e della distruzione di ogni cosa. 

La bocca per il cane è come se fosse l’estensione delle nostre mani, con le quali possiamo esprimere la nostra sensibilità tattile, con cui appunto l’uomo e gli animali , riescono a rilevare con una straordinaria precisione la presenza di stimoli dovuti al contatto della superficie cutanea con oggetti esterni.

Quindi, se l’atto distruttivo è presente in maniera moderata in età giovane o adolescenziale lo si può definire un comportamento normale, ma se il cane, qualunque età lui abbia, inizia a distruggere con ravvicinata frequenza e alta intensità, allora si tratta di comportamento disfunzionale che si può collocare o in una vera patologia comportamentale o in una manifestazione di una situazione di disagio circoscritta che il nostro amico a quattro zampe sta vivendo. 

Ma allora i cani non fanno i dispetti ?

La risposta è no! Perché come detto sopra, quando un cane distrugge tutto in modo ossessivo-compulsivo, sta vivendo un vero malessere che cerca di farci capire nel suo modo di comunicare e prova altresì ad abbassare i livelli di stress, esprimendosi con l’atto distruttivo, per ritornare ad uno status di normalità .

Cosa si intende per stress?

Come molti di voi sapranno, esistono due tipi di stress: lo stress positivo (eustress), e lo stress  negativo (distress).

L’eustress lo potremmo definire come un tipo di “stress momentaneo” che ci rende sì irrequieti, ansiosi, nervosi ecc… ma che ci dà anche quella giusta motivazione per affrontare una situazione che ci porterà qualcosa di benefico. Come, nel caso degli umani, un colloquio per il lavoro dei nostri sogni, un viaggio per la prima volta in aereo, un esame all’università e così via… negli animali potrebbe essere una qualsiasi esperienza nuova che all’inizio può far timore ma che poi porterà  a quell’individuo qualcosa di bello, con la produzione di ormoni benefici.

Il DISTRESS, è qualcosa che con il tempo  diventa estremamente deleterio al punto tale che iniziano ad insorgere disagi psicologici e fisiologici. Per queste ragioni è chiamato stress negativo, poiché si cronicizza con il tempo e si arriva a stare davvero male. Nei cani, quando lo stress è cronico, possono insorgere ansie, fobie, aggressività, iperattività, e come sintomi fisici: vomito, diarrea, scialorrea (salivazione eccessiva), dermatite da leccamento ecc… 

Quando i livelli di stress in un individuo sono molto alti, vengono conseguentemente prodotti alcuni specifici ormoni. Questi ormoni, detti anche “ormoni dello stress” sono: il cortisolo, l’adrenalina, l’aldosterone e il testosterone. Essi vengono prodotti a seguito di una risposta fisiologica e psicologica ad un cambiamento. Lo potremmo definire come meccanismo fondamentale per la sopravvivenza.

Quindi l’individuo (sia animale cane che uomo) che viene sopraffatto da questa “scarica” di ormoni dello stress, potrebbe avere come sintomatologia la sovraeccetibilità, l’iperattività, l’ansia, la paura e molto altro. Motivo per cui il cane che è estremamente stressato attua l’atto distruttorio.

In conclusione, è bene ricordare che il cane, essendo un animale fortemente da branco, in particolar modo se parliamo di cani primitivi (come i cani da slitta), soffre profondamente l’isolamento sociale, sia che venga lasciato solo in giardino, sia che lo si lasci in casa per tante ore.

 


    

 

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I collari a strozzo e quelli fissi sono dannosi per i cani? Un recente studio lo dimostra! https://deborasegna.it/2020/09/18/i-collari-a-strozzo-e-quelli-fissi-sono-dannosi-per-i-cani-un-recente-studio-lo-dimostra/ https://deborasegna.it/2020/09/18/i-collari-a-strozzo-e-quelli-fissi-sono-dannosi-per-i-cani-un-recente-studio-lo-dimostra/#respond Fri, 18 Sep 2020 18:38:16 +0000 https://deborasegna.it/?p=2138 Cari amici,

dopo anni di “lotte” fra i fautori dei collari a strangolo e i sostenitori della pettorina, finalmente sono felice di leggere uno studio scientifico ben fatto e che analizza la pericolosità dei collari, in particolare modo quando si parla di tutti quei cani che tirano quando vengono portati a passeggio con il guinzaglio.

Chi ha studiato almeno un po’ la fisica, saprà che la pressione è il rapporto di una forza di intensità (F), esercitata su una superficie (S), e più è piccola la zona in cui si concentra la forza e più la pressione risultante cresce, creando potenzialmente un danno maggiore, come nel caso di tutti quei cani che indossano un collare a strozzo. Per esempio, se immaginiamo un cane che tira al guinzaglio, non ci sarà difficile capire che un collare, come lo strozzo sul quale si esercita una certa pressione, può fare più danni di una pettorina, dove la pressione è distribuita su zone molte ampie.

Al di là di quello che può essere intuitivo e osservato empiricamente (che comunque non è poco 😉 ), è bene sempre accertarsi che quello che si sostiene, soprattutto quando si tratta di salute, sia avvalorato da studi scientifici.

Tutti i cani, chi più o chi meno, tirano al guinzaglio, inclusi quelli che vengono addestrati per l’esercito, la protezione civile,  ecc… Questo per dire che anche quei cani che vengono utilizzati per compiti complessi e che sono totalmente riferiti all’uomo, talvolta tireranno al guinzaglio, perché ci sarà sempre uno stimolo improvviso e forte che li farà scattare.
E’ bene ricordare, che i cani non sono robot, o macchine infallibili che programmiamo a nostro piacimento, ma esseri cognitivi che provano emozioni, come le paure, le fobie, l’ansia, ecc…  ed hanno altresì, la capacità di prendere decisioni e di essere ricettivi, come noi umani, a tutti gli stimoli con i quali entrano in contatto.
Quindi, è concettualmente errata l’affermazione: “il mio cane non tira mai“, se riconosciamo nel cane il fatto che sia un “essere vivente“.
Inoltre dal punto di vista fisiologico, un collare sul quale si concentra una pressione di una certa intensità, andrà a premere su organi molto delicati, come la laringe, la tiroide e la trachea e questo potrebbe fare dei dei danni nel breve o nel lungo periodo, come è stato osservato in altre ricerche scientifiche. Senza inoltre trascurare lo stress e le altre problematiche psicologiche collegate, che possono  contribuire a peggiorare eventuali disturbi comportamentali già presenti.

Lo studio che vi posterò qui sotto, ha analizzato la pericolosità di 8 diversi collari, e in conclusione ha mostrato che:

“Nonostante la variabilità di pressione rilevata fra i vari collari, i valori sono comunque superiori a quelli che sono noti causare danni nei tessuti (4.3 kPa) e aumento di pressione intraoculare (33.3 kPa) negli umani. Le pressioni rilevate sono inoltre superiori a quelle note per le bande nasali negli equini, che vanno 27 a 53 kPa. Inoltre è stato rilevato come pressioni di 30kPa sotto una sella possano causare dolori alla schiena…”

Se vogliamo costruire con i nostri cani un rapporto di fiducia, basato sul rispetto reciproco e con delle  regole di sana convivenza, non servono di certo quegli strumenti di contenimento con i quali si danno strattoni  e stimoli avversativi, per fargli fare quello che imponiamo noi.
Capire il linguaggio del cane, i suoi bisogni individuali, ed entrare in empatia con lui, sono la chiave per costruire una relazione alla pari. Perché il vero benessere verso “l’altro”, inizia nel momento in cui si ha l’umiltà di voler ascoltare le richieste dell’essere con il quale ci relazioniamo e di dargli quello che lo può far stare bene dal punto di vista mentale, fisico ed emozionale.

Buona lettura!

Articolo tradotto

I collari rischiano di danneggiare il collo dei cani, se tirano o se strattoni il guinzaglio

Non strattonate il guinzaglio, e se il vostro cane tira, portatelo a spasso con una pettorina, una nuova ricerca mostra infatti la potenziale pressione applicata al collo del cane utilizzando un semplice collare.

Una nuova ricerca pubblicata su “Veterinay Record” mostra che la pressione esercitata sul collo del cane da un collare, quando il cane tira, è abbastanza da rischiare di creare danni al collo. 

Questo studio, realizzato da scienziati della Trent University e della University of Nottingham, ha utilizzato un modello per simulare il collo del cane e misurato la forza applicata quando il guinzaglio viene tirato. Lo studio si è posto l’obiettivo di simulare gli effetti di un cane che tira continuamente al guinzaglio o dell’umano che lo strattona (comportamento talvolta definito “correzione al guinzaglio” – “leash correction”, anche detti: “colpetti correttivi”).

I risultati mostrano l’importanza di insegnare al vostro cane a camminare tranquillamente al guinzaglio, utilizzando una pettorina se tendono a tirare, e a non usare mai strattoni  (leash corrections).Lo studio ha testato otto diversi collari, includendo un collare semplice, imbottito, di pelle, di corda e a scorrimento, ecc… 

Il Dr Anne Carter, primo autore dello studio ha dichiarato:

“Non è il tipo di collare utilizzato, è il tirare al guinzaglio e anche uno strattone leggero i cani rischiano danni al collo quando sono condotti con collare e guinzaglio. Essenzialmente, per un cane che tira, non esiste un buon collare, dovrebbe essere utilizzato solo per attaccare la medaglietta e non per contenere o controllare l’animale. Non c’è niente che possa sostituire l’educazione di un cane a camminare al guinzaglio tenendolo morbido, ma una pettorina non restrittiva mantiene la pressione lontana dall’area del collo se dovesse effettivamente tirare.”

Il modello del collo di un cane è stato realizzato utilizzando un tubo di plastica tondo di 31 cm (12.2 pollici), simile come dimensioni al collo di un cane taglia medio/grande. A turno tutti collari sono stati piazzati sul modello e sono state applicate tre differenti forze per simulare un cane che tira appena, un cane che tira forte e uno strattone secco sul guinzaglio. Un sensore di pressione ha misurato le forze applicate nel centro e ai lati del collare.

I collari utilizzati, ha dichiarato il Dr Carter, sono stati scelti sulla base della tipologia, non focalizzandosi su specifiche marche o modelli.

I risultati hanno mostrato che, sebbene ci siano differenze tra i diversi tipi di collare, tutti quelli testati hanno il potenziale di causare danni, anche al livello più basso di pressione (equivalente ad un cane che tira in modo leggero). I valori sono stati tutti maggiori di quelli che sono emersi in ricerche effettuate sugli umani come in grado di determinare danni ai tessuti del collo, aumentare la pressione intraoculare e comprimere i vasi sanguigni. Inoltre, poiché i cani dissipano calore ansimando, la pressione tracheale può avere effetti negativi non solo sulla respirazione del cane, ma anche sulla sua capacità di diminuire la temperatura corporea quando il clima è caldo.

Questi risultati sono estremamente importanti, poiché il tirare al guinzaglio è la lamentela più comune che le persone hanno riguardo i loro cani. Per esempio nel  PDSA’s 2019 PAW Report il 24% dei proprietari di cani hanno dichiarato che avrebbero voluto fare qualcosa per il fatto che il loro animale tirasse al guinzaglio, facendone il problema comportamentale più segnalato. Inoltre, in uno studio sulle persone che adottano cani in canile, il tirare al guinzaglio è anche stato individuato come il problema comportamentale maggiormente riportato.

Strattoni del guinzaglio sono usati in due modi nei metodi di addestramento classici. Talvolta come punizione positiva per punire il cane che tira (comunemente chiamata correzione al guinzaglio). Talvolta invece strattonando l’animale fino a che non si ottiene il comportamento desiderato e poi rilasciandolo (es. Piede o seduto), utilizzandolo come rinforzo negativo. Questo studio mostra come in entrambi i casi si rischia di danneggiare seriamente il collo del cane.

Altre ricerche mostrano che usare metodi avversativi pone un gran numero di altri rischi per il benessere del cane, inclusi: paura, ansia, aggressività e stress. Inoltre un altro studio evidenzia come l’utilizzo di strattoni, sollevare o trascinare il cane, possono avere un effetto negativo sulla relazione tra cane e proprietario.

Se hai bisogno di insegnare al tuo cane a camminare al guinzaglio, il rinforzo positivo è sicuramente la strada migliore. In questo video si vede Kelly Duggon di All Dogs go to Kevin che dimostra come insegnare questa tecnica, oppure Sylvie Martin di CrossPaws Dogs ha un interessante post nel suo blog su come camminare con il proprio cane.

Per un cane che tira una pettorina con un aggancio frontale (oppure con attacco frontale e sul retro) può aiutare a prevenire il problema. Tra le mie preferite ci sono: Ruffwear Front Range harness, Freedom harness, Sense-ation harness, e la TransPaw Gear harness.

Se state utilizzando una pettorina per la prima volta è consigliabile utilizzare dei premietti per aiutare a creare associazioni positive. Mostrate la pettorina prima di prendere qualunque premio, per rendere evidente che è la pettorina a precedere bocconcini appetitosi e continuate a darglieli mentre gliela mettete. (Se il vostro cane ha problemi ad essere toccato o è spaventato dalla pettorina, dovrete procedere con molta più cautela e lentamente).

Studi precedenti che hanno cercato segni comportamentali di stress durante durante le passeggiate, hanno evidenziato come né collari, né pettorine causano stress nei cani, tuttavia quegli studi non avevano mai specificamente verificato gli effetti del tirare. Lo studio corrente ha utilizzato un modello per il collo del cane, ma ovviamente non si vuole potenzialmente causare danni ad un vero cane per testare le diverse pressioni, poiché i risultati hanno mostrato che questo potenziale è reale.

Se il vostro cane è addestrato a camminare al guinzaglio senza tirare va bene usare un collare, ma se tende a tirare è preferibile l’utilizzo di una pettorina, usando magari il collare a scopo decorativo o per attaccare la medaglietta.

RIFERIMENTI

  1. Studio Trent University e della University of Nottingham
  2. Studio sui cani adottati
  3. Metodi avversativi e rischi sul benessere del cane
  4. Metodi educativi e relazione con il proprietario
  5. Video camminata al guinzaglio
  6. Come camminare con il proprio cane

Approfondimenti tratti dall’articolo in inglese

Lo studio è stato condotto modellizzando il collo del cane con un tubo, come visibile in figura.

Sono stati utilizzati otto tipi di collare diverso.

Per ogni tipo di collare sono state applicate tre diverse forze:

  • Leggera: 40N
  • Forte: 70N
  • Strattone: 141N (media da 131N a 155N)

Sono stati utilizzati dei sensori di pressione per rilevare la pressione esercitata sul collo, suddividendo l’analisi per tre zone: lato 1, lato 2 e zona centrale, che è quella opposta all’aggancio del collare, come visibile nella figura.

Pressione

La pressione esercitata sul modello del collo del cane è stata rilevata tra 83kPa a 40N fino a 832KPa a 70N. I collari denominati “padded webbing, padded sports collar, e lurcher” sono quelli per i quali la pressione rilevata è stata minore. Rispettivamente 105kPa, 125kPa, 83kPa con una forza di  40N. Mentre il “rolled collar” è quello con la pressione maggiore di 509kPa.

Incrementando la forza applicata i collari “padded webbing collar, rope slip lead e lurcher collar” hanno mostrato i valori di pressione minori, rispettivamente di 182kPa, 160kPa e 160kPa, mentre strattonando lo “slip lead” ha esercitato la pressione più bassa di 182kPa e il “rolled collar” la pressione più alta di 814kPa.

Distribuzione della pressione

La distribuzione della pressione tra lati e centro non è uniforme per tutti i tipi di collare, come si può vedere dal grafico sottostante. In alcuni tipi di collare e in relazione alla forza esercitata, cambia significativamente la zona in cui la pressione è maggiore e quindi i potenziali danni. Per esempio nel collare a strangolo è maggiore nella parte centrale, che corrisponde alla zona della trachea e della tiroide.

Superficie

La superficie rilevata su cui la pressione è stata esercitata è molto variabile tra i diversi tipi di collare, con il Lurcher che ha l’area maggiore e slip lead e check chain (collare retriever e strangolo) che hanno la superficie minore. 

Conclusioni

Nonostante la variabilità di pressione rilevata fra i vari collari, i valori sono comunque superiori a quelli che sono noti causare danni nei tessuti (4.3 kPa) e aumento di pressione intraoculare (33.3 kPa) negli umani. Le pressioni rilevate sono inoltre superiori a quelle note per le bande nasali negli equini, che vanno 27 a 53 kPa. Inoltre è stato rilevato come pressioni di 30kPa sotto una sella possano causare dolori alla schiena. 

I potenziali danni sono da associarsi sia alla pressione transiente dovuta agli strattoni, che a quella costante dovuta al tirare del cane, sebbene non ci siano studi che mostrano gli effetti dell’una e dell’altra.

L’area del collare inoltre influenza la distribuzione della pressione. Un’area di contatto molto piccola concentra la pressione in specifici punti provocando potenzialmente più danni. Sebbene infatti il collare retriever e a strangolo non siano tra quelli con la pressione più alta, sono però quelli con la superficie di contatto più piccola e concentrano la pressione in specifici punti dove ci sono strutture anatomiche importanti. 

Al momento non è noto cosa possa causare una distribuzione di pressione maggiore in certe zone, come per esempio quando si usa un collare retriever, ci sono però studi che mostrano come cani condotti con collari a strangolo e con le punte abbiano sviluppato danni alla laringe, alla trachea e alla tiroide, oltre a calcificazioni circoscritte che possono essere associate a traumi muscolari.

 

Pubblicazione originale in Inglese su Veterinary Record: https://veterinaryrecord.bmj.com/content/early/2020/04/17/vr.105681

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Cani di serie “A” o cani di serie “B”? https://deborasegna.it/2020/06/19/cani-di-serie-a-o-cani-di-serie-b/ https://deborasegna.it/2020/06/19/cani-di-serie-a-o-cani-di-serie-b/#respond Fri, 19 Jun 2020 14:32:00 +0000 https://deborasegna.it/?p=2111 Cari amici, per restare in tema di sterilizzazione, voglio condividere con voi una riflessione.

La mia Phoenix è stata sterilizzata all’età di 6 anni per via di alcune cisti bilaterali.
Dopo un anno dalla sterilizzazione, Phoenix, ha iniziato a mostrare paure, per alcune cose e situazioni, che prima non aveva MAI avuto.
Questo per dire quanto gli ormoni giochino un ruolo importante sulla sfera mentale ed emozionale di un essere vivente!

Ogni cane di canile e non, per me non dovrebbe essere sterilizzato, senza un’attenta valutazione della sua storia e dalla sua situazione comportamentale.
Prima di procedere con questa pratica irreversibile, sarebbe cosa saggia che si valutasse attentamente ogni aspetto relativo al vissuto e al BENESSERE ETOLOGICO di quell’individuo.
Attenzione però! Questo non significa che se si lascia un cane, maschio o femmina che sia, intero (non sterilizzato), dovrebbe poi accoppiarsi come se non vi fosse un domani, ma è importante che ci sia la consapevolezza da parte del proprietario, affinché non faccia nascere cuccioli che poi sarebbe difficile far adottare. Soprattutto nel caso di nascite numerose.

È singolare inoltre, constatare che alcune persone che lavorano nei canili o che fanno volontariato, siano favorevoli alla sterilizzazione a tappeto per i “CANI DI NESSUNO”, mentre allo stesso tempo, queste stesse persone, siano favorevoli all’accoppiamento dei cani di razza che loro stessi hanno acquistato da noti allevatori!
Per me non esistono cani di serie A e cani di serie B, ogni individuo ha IL DIRITTO di non avere la vita completamente stravolta negativamente dalle nostre scelte, più di quanto già non facciamo ogni giorno.

Il problema non sono i cani randagi, ma chi adotta, acquista e fa cucciolate senza averne la piena consapevolezza, etica e coscienza della scelta intrapresa.
Possiamo dire quello che vogliamo ma l’ignoranza e la superficialità sono le cose più deleterie per la vita di ogni creatura, umana e animale!
Solo la cultura e l’empatia che sono sempre più alla deriva, potranno salvare (forse) questo mondo!

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Quanto conta la genetica nei cani di tipo primitivo o in quelli con sangue lupino per non essere spacciati per “coccolosi” e “peluchiosi”? https://deborasegna.it/2019/09/27/quanto-conta-la-genetica-nei-cani-di-tipo-primitivo-o-in-quelli-con-sangue-lupino-per-non-essere-spacciati-per-coccolosi-e-peluchiosi/ https://deborasegna.it/2019/09/27/quanto-conta-la-genetica-nei-cani-di-tipo-primitivo-o-in-quelli-con-sangue-lupino-per-non-essere-spacciati-per-coccolosi-e-peluchiosi/#respond Fri, 27 Sep 2019 07:15:05 +0000 https://deborasegna.it/?p=2071

Lei è Phoenix (il cane nella foto), un individuo con la sua personalità, con il suo carattere, la sua capacità decisionale e la sua complessa sfera emozionale.
Al di là dell’individuo però, non dobbiamo MAI dimenticare le caratteristiche genetiche di razza (o mix) e loro motivazioni, che sono parte integrante di ogni essere vivente.

Phoenix è un Canadian Eskimo dog (o Canadian Inuit dog) arrivata in Italia nel 2010.
Conoscevo già i cani nordici e molti di quelli di tipo primitivo e avevo letto tantissimo su questa razza ma non credevo che un inuit dog fosse così impegnativo.

Phoenix ha la sua personalità senza ombra di dubbio ma la genetica di questa razza, fortunatamente ancora poco selezionata, ha il suo peso.
I CED sono cani molto ancestrali, con comportamenti e motivazioni simili a quelle dei lupi.
Le femmine hanno un istinto predatorio molto più spiccato (per ragioni legate alla sopravvivenza della specie) di quello dei maschi, sono cani che in generale non amano essere manipolati, soprattutto dagli estranei e a cui non piacciono costrizioni e posti affollati.
Ci vuole poco per rompere la fiducia in un primitivo e tanto per riconquistarla!

Se non ben socializzati, o se li vuole addestrare con metodi mirati alla loro sottomissione, questi cani possono diventare davvero “Wild” e arrivare ad usare il morso in punti vitali senza alcuna inibizione.
Eh si, perché i cani di tipo primitivo sanno bene quali punti vitali colpire a differenza dei cani molto neotenici!!!

Quando si pensa di accogliere un cane nella propria vita è bene cercare di soddisfare ogni suo bisogno etologico di specie e individuale.
Pensare di trattare e di SPACCIARE come “peluche” o come “coccolosi” cani con una ancestralità così spiccata come quella insita nei CED, negli Alaskan malamute, nei Greenland dogs, nei Siberian huski, nei Laika, in un Cane lupo ceslovacco, in uno Shikoku Inu, in un Akita Inu, in uno Shiba Inu, in un pastore del Caucaso, in un pastore dell’Asia ecc… è la cosa più folle, più scorretta e più pericolosa che si possa fare!

Pensare di fargli fare una vita solo di show, di passeggiate/sfilate per la città, o per il centro commerciale, perennemente al guinzaglio, sotto controllo e condizionamento, è come avere una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all’altro, per via di una esistenza priva di stimoli naturali interessanti.

I cani di tipo primitivo, aborigeno o con sangue lupino come nei CLC, non sono pupazzi, sono I CANI da cui derivano le razze più moderne!
Questi cani vi potranno insegnare molto della parte più primordiale e più animale che l’uomo sta perdendo, vi travolgeranno con emozioni uniche ma l’onestà intellettuale di chi li alleva, dovrebbe mettere davanti ad ogni cosa la verità: Ossia che non sono né cani per tutti e né cani facili!

Io amo i primitivi e lavorandoci spesso in recuperi comportamentali, mi rendo conto che sempre più cani di questa sfera finiscono nella mani sbagliate, di persone che li accolgono nelle loro vite (a volte per buona fede) con superficialità e questo soprattutto per colpa di diversi allevatori che li cedono con molta facilità, senza dire le vere caratteristiche di razza!

Prima di prendere un cane di qualsiasi tipo, pensate alla vita che avete e a quella che potrete offrire all’essere vivente che entrerà nella vostra famiglia! Perché se farete una scelta solo basata sull’estetica e sul fatto che fa “fico”avere un cane ancestrale, potrete rovinare per sempre la vita di quel cane e anche la vostra!

Qualunque cosa desiderate, fermatevi a riflettere, informatevi da persone serie, competenti in materia e disinteressate e cercate di prendere la decisione giusta, mettendo da parte i vostri desideri egoistici e davanti a tutto il vero benessere animale!
Solo così potrete fare una scelta consapevole e rispettosa verso un’altra specie.

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Osservare i cani da varie angolazioni https://deborasegna.it/2018/11/24/osservare-i-cani-da-varie-angolazioni/ https://deborasegna.it/2018/11/24/osservare-i-cani-da-varie-angolazioni/#respond Fri, 23 Nov 2018 23:31:11 +0000 https://deborasegna.it/?p=2026

Tutte le osservazione etologiche, che studiano l’espressione dei comportamenti animali, sono state fatte sulla base delle nostre conoscenze umane, delle nostre deduzioni personali e di modelli scientifici a cui si fa riferimento. Lì dove però ci si trova a osservare esseri viventi, con una chiara componente biologica e naturale, tutto può assumere nel corso del tempo, con nuove scoperte e osservazioni, infinite variazioni.

Basti pensare, che due studi scientifici, entrambi tecnicamente validi e pubblicati a distanza di tempo con risultati opposti, sono comunque due studi con risultati opposti. Questo per dire, che credere che l’etologia sia una scienza esatta, come altre scienze sociali, è un grosso errore di valutazione, dato che nel corso degli anni si scoprono cose nuove, così come è un errore pensare che uno specifico comportamento (es. il ringhio) esprima solo un’unica intenzione e un’unica emozione.

Ampliare le nostre vedute, guardare le cose da varie angolazioni, invece di fermarsi a una visione schematica, dovrebbe essere la base da cui partire per poter capire in modo più approfondito e sotto una visione evoluzionistica, il semplice e allo stesso tempo complesso mondo del cane.

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Perché i cani ringhiano https://deborasegna.it/2018/11/24/perche-i-cani-ringhiano/ https://deborasegna.it/2018/11/24/perche-i-cani-ringhiano/#respond Fri, 23 Nov 2018 23:03:16 +0000 https://deborasegna.it/?p=2022

ARTICOLO DI MARC BEKOFF SUL RINGHIO

Prefazione

Qualche giorno fa mi sono imbattuta in alcune discussioni qui su Facebook, nelle quali si parlava del ringhio.
Diverse persone del mondo della cinofila sostengono, che al di là del ringhio di gioco, i cani emettano questo segnale solamente per minacciare o dare un avvertimento e che se un ringhio venisse rivolto nei confronti dell’umano con il quale il cane ha instaurato un rapporto fin da cucciolo, equivarrebbe a un fallimento della relazione.

Personalmente, come ho già ribadito in più post, ritengo (in base anche alla mia esperienza) che nel ringhio non ci sia nulla di negativo e che non sempre dietro questo tipo comunicazione si celino cattive intenzioni. Un cane può ringhiare per svariate motivazioni, che differiscono a secondo del contesto e dell’emozione che vi è dietro. Ed è importante sempre comprendere cosa ha spinto il cane a ringhiare.

Mi sono confrontata con il professor Marc Bekoff, uno dei maggiori esperti di etologia al mondo, il quale ha scritto un bellissimo articolo che racchiude le sue riflessioni sul ringhio, che coincidono anche con le mie, e ha inoltre citato molti studi scientifici su questo delicato e variegato argomento.

Buona lettura!!
Debora Segna

Perché i cani ringhiano

Il ringhio non è così semplice come sembra e talvolta è completamente appropriato.

Tradotto dall’articolo di Marc Bekoff per Psychology Today, Why Dogs Growl.

Qualche giorno fa l’educatore cinofilo Italiano Debora Segna mi ha contattato sottoponendomi un post Facebook del veterinario e filosofo Dottor Roberto Marchesini, nel quale l’autore scrive:

“Se il mio cane mi ringhiasse in una qualche interazione con lui, che non fosse il ringhio scherzoso del gioco ma un ringhio di avvertimento minaccioso, mi porrei delle domande sul rapporto che ho costruito. Non lo vedrei come una semplice rivendicazione ma come un mio fallimento. Ovvio, non parlo di cani adottati già adulti e con mille problemi, dove occorre lavorare. Ma nella mia vita ho avuto tantissimi cani e quelli tirati su fin da cuccioli non mi hanno mai ringhiato. Quelli presi dal canile magari i primi tempi lo hanno fatto, ma poi hanno smesso. Vedo che c’è in giro la tendenza a sottovalutare un comportamento che viceversa è sempre una spia di un disagio di relazione.”

Quindi secondo il Dottor Marchesini, il ringhio al di fuori di un comportamento del gioco non è accettabile in un’interazione tra il cane e il suo compagno umano.

Il ringhio è un comportamento/vocalizzazione complesso e io non lo vedo come un’indicazione di una relazione fallimentare o disfunzionale. I cani sono animali vocali, e la maggior parte di noi hanno sentito da loro una varietà di suoni, dal ringhio all’abbaio, passando per guaiti e piagnucolii.

Ma quanto siamo bravi a determinare lo stato emozionale di un cane quando lui (o lei) ringhia?

Uno studio nuovo e molto importante, dei ricercatori ungheresi T. Faragó, N. Takács, Á. Miklósi, and P. Pongrácz, intitolato: Dog growls express various contextual and affective content for human listeners, mostra che siamo piuttosto bravi ad assegnare un contesto e uno stato emozionale a differenti tipo di ringhio e che le donne sono in genere migliori degli uomini nel farlo. Per una discussione su questo importante studio potete guardare: Dogs Growl Honestly and Women Understand Better Than Men.

Posso capire perfettamente perché un cane arrivi a ringhiare o trovare un’altra forma espressiva per dire a un umano che non gli piace qualcosa che sta facendo, o che non si sente a proprio agio. Più semplicemente ci sta comunicando che è infastidito. Un ringhio non significa sempre che il cane attaccherà l’umano o cercherà di fare di più che vocalizzare quello che sente. E’ un modo per per dire qualcosa del tipo “Fermati, questa è la mia pallina o il mio cibo e non ho voglia di condividerla con te”, oppure “Sto dormendo e apprezzerei se non mi disturbassi”. Anzi dovremmo essere contenti di questo genere di risposta perché ci fa capire che ci sono dei confini chiari su cosa il nostro cane vorrebbe che facessimo.

Quando un cane sta vocalizzando dobbiamo prestare molta attenzione al suo linguaggio corporero — per esempio dove sono la sua coda e le sue orecchie, così come la postura o la sua andatura, poiché i cani spesso comunicano usando quello che gli etologi chiamano segnali composti che contengono informazioni provenienti da diverse modalità sensoriali. I segnali composti possono inoltre contenere più informazione, rispetto a quelli di una modalità sensoriale singola. (Vedere Do Dogs Recognize “Dog” and What They’re Feeling From Afar? e Unleashing Your Dog: A Field Guide to Giving Your Canine Companion the Best Life Possible).

Non sono d’accordo con il Dottor Marchesini quando scrive che “ringhiare è sempre una spia di un disagio relazionale”. Il ringhio è, per molti versi, l’indicazione di una relazione che si sviluppa, nella quale un cane sta dicendo ad un umano cosa vuole e di cosa ha bisogno, e una relazione sana e reciproca richiede comprensione e rispetto. Questo non per dire che il ringhiare sia necessariamente benvenuto, quanto piuttosto per dire che il ringhio può essere un segnale con tante sfumature e comunicare sottili messaggi che sono tutti parte di una relazione sana.

Quando il ringhiare è parte di un segnale composto può essere più difficile stabilire cosa il cane sta cercando di comunicare. Per esempio, quando il ringhio avviene durante una sessione di gioco tira-e-molla e un cane sta vocalizzando ed esprimendo altri pattern comportamentali, non è necessariamente perché due cani, oppure un cane e un umano, sono in competizione l’uno con l’altro. (Vedere What’s Happening When Dogs Play Tug-of-War? Dog Park Chatter).

Potrebbe essere invece che si stanno semplicemente divertendo. Riguardo il tira-e-molla, nel suo libro intitolato Play with Your Dog, l’educatore Pat Miller scrive: “Tira con tutte le tue forze e non ti preoccupare se il tuo cane ringhia. E’ tutto parte del gioco e se gli altri comportamenti del cane sono appropriati, lascialo ringhiare fino allo sfinimento!” E io sono d’accordo e la penso nello stesso modo quando una persona gioca e si azzuffa con il proprio cane ed è sicuro che il suo amico a quattro zampe si stia divertendo e l’interazione rimane giocosa. Buttarsi a terra e sporcarsi con un cane è un momento incredibilmente speciale, spensierato e gioioso, purché avvenga nel modo che il cane desidera. (Guardare Get Down and Dirty With Your Dog: Bow, Hug, and Tug.”)

E’ essenziale per le persone parlare “canese”.

E’ essenziale per le persone diventare fluenti nel linguaggio del cane — sviluppare una cultura cinofila — così da essere in grado di capire cosa sta comunicando il cane quando mette in atto uno specifico pattern comportamentale o emette un particolare suono. Come enfatizzo in Canine Confidential: Why Dogs Do What They Do, che sarà pubblicato in Italiano all’inizio del 2019, con il titolo “Nella mente e nel cuore dei cani: Vita emotiva e comportamento del vostro migliore amico”), se gli umani sono bravi nel capire cosa i cani stanno dicendo e provando quando ringhiano, questo potrebbe aiutarci nel comprendere cosa stanno facendo, o potrebbero essere in procinto di fare in una specifica situazione. Come nota l’esperta di comunicazione animale Holly Root-Gutteridge dell’Università di Sussex (UK), nel suo sunto dell’articolo ungherese sopra citato, “Imparare queste differenze potrebbe aiutare a ridurre le aggressioni dei cani verso gli umani, così come a migliorare il comportamento dei cani, poiché saremmo in grado di capire quando una minaccia è reale o è giocosa”.

Quando un cane ringhia è il momento di riesaminare la relazione cane e umano

“Il mio labrador ringhia quando è a corto di parole. Non è cattiva o minacciosa.” – (email ricevuta in risposta a questo articolo)

“Il mio Barney ha sempre ringhiato giocando a tira e molla, e anche quando è sdraiata a dormire e io tento di baciarlo, mi fa un ringhio leggero per dirmi: “lasciami in pace e fammi dormire!” – (email ricevuta in risposta a questo articolo)

Quando un cane ringhia è il momento giusto per riesaminare la relazione che una persona ha con il proprio cane (o cani) e tentare di capire il perché il cane ringhia in certe situazioni. Sicuramente non è il momento di punirlo per “qualcosa che non dovrebbe mai fare” o per “qualcosa che al suo umano non piace”, poiché spesso è l’unico modo che il cane ha di stabilire dei confini. Non sto dicendo che il Dottor Marchesini suggerisca che i cani dovrebbero essere puniti per il ringhio fuori dal gioco (o anche talvolta perché ringhiano mentre giocano, perché anche questa è una cosa di cui sono stato personalmente testimone), ma piuttosto sto suggerendo che quando un cane ringhia fuori dal gioco c’è probabilmente una buona ragione per farlo ed è tempo per il suo umano di tentare di capire il perché e di trovare una soluzione che lo riduca al minimo o lo prevenga completamente. Da parte sua il cane di informa il suo umano su cosa gli piace e cosa no, e lui dovrebbe portarne a conoscenza anche le altre persone.

Uno dei cani che ho adottato anni fa ringhiava quando un altro cane o una persona, compreso me stesso, si avvicinava a lui quando stava mangiando o giocando con il cibo. Fui in grado di insegnargli a non ringhiare in molte occasioni, specialmente quando ero io l’intruso vicino al “suo cibo”, e il suo ringhio divenne meno intenso e, talvolta, appena percepibile.

Realizzai inoltre che ringhiare era il suo modo per dire “lasciami in pace” e “questo è il mio cibo, ne ho bisogno”, molto probabilmente, per via di come era stato trattato (anzi maltrattato) quando era giovane e solo e aveva dovuto trovare e difendere il cibo, prima che venisse aiutato da un’associazione di volontariato e fosse adottato da me.

Non fece mai niente di più che ringhiare e io semplicemente dissi alle altre persone di lasciarlo stare quando era vicino a del cibo. E questo funzionò molto bene — non ci fu mai nessuna aggressione e tutto quello che fece fu il ringhiare qualche volta per poi fermarsi — e anche gli altri cani impararono rapidamente che dovevano lasciarlo stare quando stava mangiando. Non avevamo una relazione disfunzionale, ma un’amicizia profonda e durata per molti anni. E ho sentito numerose storie da tante persone riguardo situazioni in cui il loro cane, solitamente amichevole, ringhiava, senza mai fare nient’altro.

Decodificare quello che i cani stanno dicendo e sentendo — leggendo accuratamente il loro umore — è necessario se vogliamo vivere armoniosamente insieme, ed essenziale affinché gli incontri con altri cani e persone siano il più amichevoli possibile. E’ inoltre essenziale che guardiamo ogni cane come un individuo unico, perché non esistono due cani identici. (Guardare “Let’s Give Dogs a Break by Distinguishing Myths From Facts” e i link nell’articolo). I cani, anche se fratelli giovani, mostrano incredibili differenze individuali e la spiegazione dei loro modelli comportamentali potrebbe andare bene per un cane, per due, per dieci, ma potrebbe non funzionare per tutti gli altri. Uno degli aspetti più interessanti dello studiare i cani è proprio il concentrarsi sulle marcate differenze comportamentali, sulle diverse personalità e sul diverso modo in cui si adattano a vivere in un mondo dominato dagli umani. Queste forti distinzioni e le situazioni variabili in cui sono studiati, sono spesso responsabili del fatto che studi che si focalizzano su domande simili, ottengano risultati molto diversi.

Apprezzo molto il post del Dottor Marchesini perché  è un buon catalizzatore per iniziare una discussione sul ringhio, su altri tipi di comportamento e sulle interazioni fra uomo e cane. Tuttavia, ancora una volta, vorrei sottolineare che il ringhio non è sempre una minaccia e che dobbiamo studiare in dettaglio il contesto nel quale avviene, che cos’altro sta facendo il cane — per esempio se il ringhio è parte di un segnale composto — e gli individui che sono coinvolti.

Più comprendiamo il comportamento del cane e meglio sarà per lui, per gli altri cani e umani, insomma un gioco in cui vincono tutti. Tutto quello che dobbiamo fare è prestare attenzione a quello che i cani ci stanno dicendo. E’ davvero divertente diventare “istruiti sul linguaggio dei cani” e conoscere meglio questi straordinari esseri viventi con cui condividiamo le nostre case e i nostri cuori. Sarà un piacere scrivere ancora sulle ultime ricerche e idee sul comportamento dei cani e sulla relazione con gli umani nei prossimi articoli.

Articolo originale in inglese su:

 https://www.psychologytoday.com/us/blog/animal-emotions/201811/why-dogs-growl

Traduzione autorizzata dal Prof. Bekoff a cura di Fabrizio Giammatteo

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https://deborasegna.it/2018/11/24/perche-i-cani-ringhiano/feed/ 0
Il cane visto come essere senziente e non come oggetto: una mia intervista https://deborasegna.it/2018/01/04/il-cane-visto-come-essere-senziente-e-non-come-oggetto-una-mia-intervista-su-geo-animal-science/ https://deborasegna.it/2018/01/04/il-cane-visto-come-essere-senziente-e-non-come-oggetto-una-mia-intervista-su-geo-animal-science/#respond Thu, 04 Jan 2018 10:25:51 +0000 https://deborasegna.it/?p=1969 Cari amici, vi segnalo una mia intervista pubblicata sul magazine online “”geo animal science“.
Ringrazio l’etologa e ricercatrice Chiara Grasso per avermi dato questa opportunità :).

Da questo link potete leggere l’intera intervista:
https://www.geoanimalscience.com/2018/01/03/deborasegna-intervista-cinofilia/

Buona lettura!!!

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Isolamento sociale: perché un cane non dovrebbe vivere da solo? https://deborasegna.it/2017/12/03/isolamento-sociale-perche-un-cane-non-dovrebbe-vivere-da-solo/ https://deborasegna.it/2017/12/03/isolamento-sociale-perche-un-cane-non-dovrebbe-vivere-da-solo/#respond Sun, 03 Dec 2017 11:27:02 +0000 https://deborasegna.it/?p=1944 L’isolamento sociale per un animale da branco è la forma di maltrattamento psicologico più importante che un uomo possa compiere nei confronti di un cane. I cani che vivono in branco amano condividere molte cose insieme: il gioco, il riposo, il pasto, l’esplorazione di nuovi luoghi, le marcature e le interazioni sociali di vario genere. Se un cane viene isolato dalla sua famiglia canina o umana, privandolo di fatto di coloro che sono le sue ancore affettive più importanti e dei suoi legami profondi, può entrare in uno stato emotivo e psicologico tale da generare comportamenti di origine ansiosa, di frustrazione, di sconforto e di stress, che con il tempo possono portare l’animale in uno stato depressivo a volte senza via d’uscita. Questo accade per esempio a molti cani padronali che vengono abbandonati in strada, a quei randagi che vivono liberi in branco per poi un giorno essere catturati da qualche volontario che li fa finire in un canile o in una famiglia umana, al cane di famiglia che viene lasciato sempre solo in giardino, quando arriva un figlio, o semplicemente può accadere a quei cani che vivendo in una famiglia umana, vengono discriminati per favorire altri cani più belli esteticamente o più “fighi”.
Se decidiamo di condividere la nostra vita con un animale sociale come il cane, dobbiamo entrare nell’ottica che si è una famiglia, un branco a tutti gli effetti e pensare che ogni decisione importante dovrà essere condivisa con lui, se lo vorrà, e presa affinché il cane possa non stare male e non sentirsi mai abbandonato veramente o discriminato dai suoi affetti.

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“Il Concetto di Razza Aborigena” di Vladimir Beregovoy https://deborasegna.it/2017/06/25/il-concetto-di-razza-aborigena-di-vladimir-beregovoy/ https://deborasegna.it/2017/06/25/il-concetto-di-razza-aborigena-di-vladimir-beregovoy/#respond Sun, 25 Jun 2017 15:29:58 +0000 http://www.deborasegna.it/?p=1906 Cari amici, oggi vorrei consigliarvi questo interessante articolo dell’etologo russo Vladimir Beregovoy,  in cui sono spiegate molto bene le differenze fra le razze aborigine (autoctone) e le razze “create-selezionate” dall’uomo.

L’articolo è stato tradotto da Francesco Spiaggia, che ringrazio per avermi permesso di pubblicare questo articolo sul mio sito.

Buona lettura!

 “The concept of an Aboriginal Dog Breed”    by Vladimir Beregovoy

C’era un tempo,  in cui i cani aborigeni erano gli unici cani.

Tutte le razze famose di cani odierne si sono evolute, in un periodo o in un altro, da antichi cani aborigeni. Sono queste ad essere chiamate dalla società razze o razze allevate. Anche molte altre razze animali sono state ottenute con l’allevamento selettivo e mantenute in cattività in un ambiente strettamente controllato, perdendo così forza fisica, diventando più dipendenti dal cibo e dalla protezione dell’uomo.

Il moderno concetto di una razza si basa principalmente sulla conoscenza accumulata durante il lavoro con queste.

I cani, che non si adattano a qualsiasi tipo di razza conosciuta ed elencata nei cataloghi dei club cinofili, rimangono “nascosti” al pubblico e il più delle volte non sono considerati per nulla come appartenenti ad una razza. D’altra parte se i più importanti Kennel Club adottano una “razza” aborigena, questa viene presto trasformata in un’altra razza di allevamento selettivo “col pedigree”. Queste “trasformazioni” non favoriscono la preservazione della maggior parte dei più antichi e immutati cani rimasti al mondo, quali sono quelli aborigeni.

Le razze aborigene e le subspecie in zoologia.

I cani aborigeni appartengono a razze naturali, che non sono mai state sviluppate da nessuna manipolazione genetica pianificata, deliberata e intenzionale incrociando una razza con un’altra.

I viaggiatori di un tempo quando incontravano questi cani insieme ai popoli di paesi remoti, raccontavano delle doti, dell’intelligenza, dell’utilità di questi, e della loro importanza per i popoli nativi.

Allo stesso tempo usavano epiteti poco lusinghieri chiamandoli “bastardi”, “Collie mal allevati”, “bestie rognose”, “brutti cani”, ecc. Generalmente, viaggiatori il cui occhio era abituato ai cani di razze europee allevate in purezza consideravano i cani aborigeni come “bastardi locali” e ciò non era poi troppo lontano dalla verità. Tuttavia, questi, erano meticci peculiari, che ora noi preferiamo chiamare razze autoctone, anche se alcuni amanti dei cani ed esperti sono ancora oggi riluttanti ad applicare il termine “razza”, quando si parla di cani aborigeni.

Gli aborigeni hanno attirato l’interesse dei biologi professionisti solo di recente, a causa di timori dell’opinione pubblica circa la conservazione della natura e del patrimonio nazionale. Ci sono sorprendentemente pochi studi seriamente scientifici sui cani aborigeni.

In realtà, essi sono molto simili agli animali selvatici, perchè nessuno può rivendicarne la paternità di un particolare tipo. Il massimo che possiamo fare è studiarli e descriverli come facciamo per le specie e sottospecie selvatiche.

I geografi ed etnografi hanno scoperto i cani aborigeni e lasciato qualche descrizioni più o meno abbozzata, da cui ora stiamo cercando di raccogliere le conoscenze circa le loro origini e passato storico.

Ora, molti dei cani aborigeni sono estinti o sono diventati gravemente minacciati di estinzione ed un numero crescente di appassionati è desideroso di essere coinvolto nella conservazione di questi, importandoli dai paesi d’origine e prendendosi cura di loro, divulgando e mantenendo registri con pedigree sperando che AKC, FCI e vari club nazionali li riconoscano. Di solito, non manca mai l’interesse nel “provare” con una nuova razza “incontaminata”. La domanda è: a che scopo? Abbiamo bisogno di rovinare anche i cani aborigeni?

Prima di farsi seriamente coinvolgere in progetti di salvaguardia di razze autoctone, è necessario capire come e perchè esse sono diverse dalle razze di allevamento e dare un’occhiata più da vicino al concetto stesso di razza aborigena. La vera preservazione delle razze indigene può essere solo la conservazione di loro come razze autoctone nel loro stesso ambiente e attraverso il lavoro per il loro stesso popolo.

Una delle caratteristiche più sorprendenti di tutte nei cani aborigeni è la loro naturalezza.

In realtà, essi sono più simili alle sottospecie di animali selvatici descritte dagli zoologi che alle razze classiche (razze allevate) di animali domestici. In effetti, ogni popolazione di un particolare tipo di cane aborigeno ha la propria area di distribuzione geografica unica, e questo è sempre associato ad un certo gruppo etnico. Essendo animali domestici e associati con le genti, possono quindi certamente essere chiamati come appartenenti a delle razze etno-geografiche. Allo stesso tempo, come animali selvatici, ciascuna di tali razze etno-geografiche è un prodotto della lenta evoluzione in condizioni di utilità e lavoro al fianco dell’uomo. Sono stati oggetto di selezione naturale e selezione antropica a favore di una migliore qualità del lavoro. Questa selezione attuata dall’uomo, ove è stata messa in atto, è stata molto sottile, una specie di selezione “inconscia”, che può essere considerata più come un’altra forma di selezione naturale di quella che noi chiamiamo ”selezione”, che è basata sulla conoscenza moderna della zootecnia, della scienza animale e della genetica.

I cani aborigeni vivono e lavorano per le persone in condizioni di libertà quasi illimitata, non sono mai, o sono raramente confinati, sono irregolarmente alimentati (a volte non vengono alimentati per settimane), si accoppiano liberamente e nella maggior parte dei casi crescono i loro cuccioli senza l’assistenza dell’uomo. Vivono con gli umani, piuttosto come animali simbionti che come animali “catturati” o “costretti”, “schiavizzati” o più semplicemente viziati dalla domesticazione.

Naturalmente, i cani aborigeni ottengono a loro volta dei benefici dalla condivisione di una vita con gli umani, come la protezione dai predatori selvatici, in alcuni casi dalle intemperie e dalle carestie. Quest’ultima è particolarmente evidente, quando persone e cani vivono in climi estremamente duri, come ad esempio nelle regioni artiche o nei deserti, dove entrambi, uomini e cani sono  letteralmente interdipendenti per la sopravvivenza. Tuttavia, in un ambiente in cui tutti lavorano per ottenere il  pane quotidiano, un cattivo cane da lavoro, poteva non essere trattato molto bene, lasciato a digiuno e molto probabilmente non venire allevato, quindi lasciato morire in tempo di carestia o ucciso per la sua pelliccia per farne indumenti. Anche se questi cani raramente vivevano confinati e si accoppiavano liberamente, cuccioli di cagne favorite o cuccioli nati dai migliori maschi da lavoro, se il padre era noto, venivano ”prescelti” e cresciuti per rimpiazzare cani adulti che si avvicinavano all’invecchiamento.

Questo tipo di mortalità selettiva ha lavorato sia eliminando i meno adatti, che conservando alcuni dei migliori cani.

Fluttuazioni cicliche di produttività in natura, densità di prede e diversi tipi di calamità naturali hanno sempre colpito sia i cani che i loro proprietari. La selezione naturale non è mai cessata.

Un’altra somiglianza dei cani aborigeni a sottospecie di animali selvatici sta nel fatto che le ”razze” indigene sono le più antiche razze invariate di tutto il mondo. Secondo evidenze fossili e archeologiche dei cani Laika o di diversi tipi di cani da slitta, essi sono compagni dell’uomo fin dal Neolitico. Da alcuni scavi sono stati rinvenuti scheletri di cani tipo Saluki  datati 2.500 A.C. e così è stato per il Dingo australiano e molti cani da guardia al bestiame.

La somiglianza tra i cani aborigeni e gli animali selvatici si estende ancor di più, se diamo uno sguardo più da vicino al loro comportamento, quando lavorano per l’uomo.

Tra gli addestratori di cani, gli aborigeni sono ben noti per il loro carattere indipendente. Vengono spesso chiamati “teste dure”, ”testardi” e anche stupidi! Questo è perchè i cani aborigeni si annoiano facilmente, quando viene loro insegnato a fare  trucchi da circo o altri comportamenti innaturali per loro. Così sono anche i lupi addomesticati. Questo infatti è ciò che accade quando i lupi sono addestrati a fare cose per loro innaturali, anche se nessuno chiama un lupo stupido… Tuttavia, nel loro ambiente nativo, i cani aborigeni mostrano una grande intelligenza, riescono nell’esecuzione di compiti incredibilmente complessi e fanno tutto da soli.

Essi imparano presto che cosa e come qualcosa dovrebbe essere fatto senza molto insegnamento, o lunghi periodi di formazione, e fanno spesso ciò senza nessuna impartizione di ordini dall’uomo. Tutti lavorano in modo naturale. Per iniziare a lavorare, il cane aborigeno non ha bisogno del così detto sistema di addestramento “bastone e carota”. Il lavoro è la ricompensa per loro. Per iniziare a lavorare, un cucciolo di cane aborigeno deve essere cresciuto nel giusto ambiente. A una certa età, ad ogni cucciolo viene spontaneamente l’idea di che cosa fare e di come farlo. Così i levrieri cacciatori aborigeni, come i Tazy,  i Saluki, gli Afgani, i Bakhmul e i Taigan imparano a cacciare da soli, quando si trovano in un ambiente in cui servono animali in grado di correre velocemente per e cacciare.

In realtà essi sono nati, vivono e crescono vicino alla tenda o yurta del loro proprietario.

Il Laika cucciolo inizia a cacciare trovando scoiattoli e abbaiando sotto ad un albero dove ha trovato una preda già all’età di pochi mesi, se avrà la possibilità di correre libero nei boschi, quando maturerà, passerà presto ad un gioco più serio senza troppo bisogno di incoraggiamento.Un buon Laika sa che cosa deve essere cacciato e come. I cani da slitta cominciano a tirare all’età di quattro mesi, ad essere imbragati con i cani di età superiore o ad aiutare le donne o i bambini nel traino di piccole slitte con legna da ardere; i cani da slitta aborigeni sono ottimi cani da caccia e sono utilizzati anche per cacciare grandi mammiferi marini quali le foche.

I cuccioli di cane da guardia al bestiame, crescono con la mandria e iniziano a lavorare insieme con i cani più anziani,  seguendoli liberamente e partecipando alla protezione del gregge. Per tutti questi cani, il lavoro è una parte naturale della loro vita di tutti i giorni. Questo comportamento è molto diverso dall’atteggiamento di “volontà di compiacere” da imparare rapidamente come sedersi, salire, o saltare e altre cose simili delle razze di allevamento.

Il cane aborigeno fa un lavoro utile per le persone, ma si comporta come un animale selvatico, perché è programmato geneticamente. L’intera sequenza dei comportamenti di un cane aborigeno al lavoro è sorprendentemente simile alla sequenza dei comportamenti attuati dai lupi, che sono anche loro programmati per vivere e cacciare in branco.

Tuttavia, per i cani, i padroni umani e gli altri animali domestici sono diventati sia una parte del loro branco che un elemento essenziale per la loro stessa vita e del loro ambiente. Per questi, il bestiame non è più una preda ma una parte del loro territorio protetto.

Per un cane da caccia, la preda uccisa o catturata appartiene anche al ”capo”, sarà lui a dar da mangiare al cane in seguito.

Ora, illustrerò qui di seguito la differenza concettuale tra una razza aborigena e una razza di allevamento sulla base delle osservazioni di persone con esperienza di comportamento del cane. Qui vengono comparati il Basenji, una delle razze  più selvatiche e autoctone e il Cocker Spaniel, una delle razze allevate più ammirate.

Coren (1994), un addestratore di cani, ha confrontato il comportamento di 79 razze e valutato la loro intelligenza, confrontando la capacità di un cane di imparare e obbedire agli ordini del trainer. Nel suo libro, “L’intelligenza dei cani: la coscienza canina e funzionalità”, Coren ha scritto che il Cocker Spaniel è stato tra i più intelligenti dei cani, sulla sua lista il Bsenji era 78 simo tra 79 razze da lui testate. Questo libro è stato tra i più venduti a quei tempi e venne anche discusso in un famoso programma TV degli Stati Uniti. Il povero Basenji venne pubblicamente umiliato!

Per coincidenza, ci fu uno studio scientifico serio fatto quasi 30 anni prima che il libro di Coren venisse pubblicato, in cui Scott e Fuller (1965) hanno confrontato il comportamento del Basenji e del Cocker Spaniel in esperimenti studiati per l’obbedienza e il ”problem solving”. Gli autori hanno utilizzato nel loro progetto di ricerca sulla genetica e il comportamento sociale dei cani  anche il Sheltie, il Fox Terrier e il Beagle. Tra queste cinque razze, solo il Basenji è una razza aborigena davvero primitiva. Negli esperimenti, che utilizzavano il tono di voce, ed esercizi come lo stare tranquillo, l’essere messo al guinzaglio, obbedienza inattiva come rimanere immobile su una piattaforma a distanza dal padrone, il Cocker Spaniel è risultato il più facile da addestrare. Il Basenji invece il più difficile. Le altre tre razze si posizionarono tra i due.

Nei test di orientamento obiettivo invece, eseguiti a nove settimane di età, dove i cuccioli sono stati addestrati a eseguire e risolvere i problemi per raggiungere l’obiettivo e in altri esperimenti di “risoluzione di problemi” di diversa difficoltà, il Basenji si rivelò essere il più intelligente di tutte e cinque le razze e il Cocker Spaniel l’ultimo. Questo  diventò particolarmente evidente negli esperimenti, in cui venivano richiesti flessibilità e inventiva del cane.

Così, la razza aborigena “wild type” dove sono necessari pensiero indipendente, motivazione e iniziativa, mostrò le sue capacità. Sorprendentemente, la razza selezionata dall’uomo, il Cocker Spaniel, ottenne maggior successo nei test di obbedienza passiva.

In effetti, qui abbiamo a che fare con due diversi concetti di razza: la razza allevata e la razza naturale (wild type) ambedue molto buone, ma create da forze diverse e per scopi diversi. Il Basenji è più come una sottospecie selvatica di Canis familiaris e il Cocker Spaniel è una razza selezionata dall’allevamento di Canis familiaris.

Ecco la mia definizione preferita di sottospecie dataci da Mayr (1963):

Una sottospecie è un aggregato di popolazioni locali di una specie, che abitano una suddivisione geografica dell’areale della specie e differiscono tassonomicamente da altre popolazioni della stessa specie.

La parola tassonomicamente significa che una popolazione è peculiarmente abbastanza diversa da essere riconosciuta dagli scienziati come una sottospecie alla quale possa essere dato un nome scientifico unico in latino. Aggiungete a questa definizione un confronto umano, appartenente ad un gruppo etnico, e otterrete una buona definizione di “razza” aborigena.

In effetti, tentativi di descrivere razze autoctone come sottospecie di Canis familiaris sono stati fatti ripetutamente, senza mai ottenere grande consenso tra gli zoologi semplicemente perché Canis familiaris è un animale addomesticato e le sue varietà non appartengono al tradizionale campo di interesse della tassonomia.

In realtà ogni razza aborigena è meglio caratterizzata per la sua capacità di fare un lavoro specifico localizzato nei suoi unici areali geografici insieme al posto che occupa nella cultura di un determinato gruppo etnico con cui essa vive, che per il suo aspetto.

Il suo colore del mantello è molto variabile individualmente, tra i vari colori vi è un fenotipo particolarmente evidente di chi vive sotto la protezione dell’uomo e si è sviluppato con la domesticazione: le macchie bianche.

Entrambe le idee di sottospecie e razza aborigena vengono applicate a popolazioni reali, con una vera e propria area geografica e vengono riconosciute come entità con un nome che è supportato dalla saggezza convenzionale e dalla praticità. Questo conferisce loro una parte importante e molto cospicua nella biodiversità.

La definizione convenzionale di razza è debolmente sostenuta dalla scienza canonica, perchè l’idea di una razza (ancora una volta qui abbiamo a che fare con il concetto di sottospecie di animali selvatici) è sempre qualcosa di vago e di solito non è niente di più di quello per cui siamo d’accordo collettivamente.

Definizione di razza da Merriam Webster Dictionary: “Razza è un gruppo di animali o piante presumibilmente legati per discendenza da antenati comuni e visibilmente simile nella maggior parte dei caratteri”, si sottolinea anche l’aspetto, anche se i tratti di produttività e di funzione non sono meno importanti.

Ecco una definizione di ‘razza’ messo insieme da un genetista ben noto americano Jay L. Lush, (1994): “Gli animali che, attraverso la selezione e l’allevamento, sono divenuti simili e tramandano quei tratti in maniera uniforme alla loro prole.”

Cani aborigeni, che vivono in una certa regione e utilizzati per lo stesso scopo sono descritti abbastanza bene da questa definizione, perchè sono diventati simili l’un l’altro attraverso il processo di selezione e passano i loro tratti alla loro prole.

Chiamare “razza” quei cani aborigeni che appartengono ad un certo gruppo etnico (nazione) o ad una data regione geografica è molto comune nella letteratura popolare.

Molte sono le discussioni in corso su quale parametro scegliere, razza geografica o etnica (nazionale). La separazione di loro è sempre artificiale. Questo è ciò che è stato fatto nella ex Unione Sovietica, dove oggi sono state definite quattro razze da caccia di Laika.

Anche se la parola “simili” è intesa principalmente per l’aspetto, nelle specie agricole le caratteristiche di produttività degli animali non devono essere di minor valore e possono anche essere più importanti dei tratti dell’aspetto, questo è altrettanto vero per le razze autoctone. Alcuni allevatori creativi di animali agricoli possono sviluppare e mantenere le proprie uniche razze.

Quindi, ecco una definizione più liberale di razza:

“Una razza è un gruppo di animali domestici, definito come tale dal comune consenso degli allevatori …un termine che divenne in uso tra gli allevatori di bestiame, e creato si potrebbe pensare, per essere utilizzato da loro stessi, coniato per non dar adito ad accuse quando questi si discostano dalla definizione scientifica di razza. E’ la loro parola e l’uso comune che l’allevatore fa di essa che dobbiamo accettare come definizione corretta  di razza”

(Lush, 1994).

Nel mondo libero, ogni allevatore o un gruppo di allevatori di cani, o altri animali, possono cimentarsi nell’arte della riproduzione e decidere il futuro di una qualsiasi delle loro razze di recente sviluppo sulla base della loro cultura e utilità per i propri utenti.

Le razze autoctone sono molto diverse. In sostanza, in esse sono naturalmente presenti varianti geografiche del cane domestico (Canis familiaris), equivalenti a una sottospecie di zoologia. Ognuno di loro è unico ed è venuto al mondo grazie al processo evolutivo.

Le razze aborigene sono monumenti naturali della natura e della cultura, perchè hanno dimostrato la loro utilità e superato la prova del tempo. La loro più importante differenza dalle recenti razze allevate artificialmente e in costante cambiamento, sta nel fatto che essi si sono sviluppati per le loro capacità di eseguire una data funzione specifica. Il loro aspetto è di secondaria importanza ed è sempre e solo espressione della funzione.

Razze da allevamento

Le razze Aboriginali sono le progenitrici di tutte le razze allevate dall’uomo.

La possibilità di cacciare determinate prede ed in un certo modo, sono state cruciali per i cacciatori dei secoli passati. Quei cani somigliavano ancora molto alle loro razze ancestrali, erano cani robusti e resistenti, perchè venivano allevati da cacciatori per altri cacciatori. Anche se i cani delle diverse razze avevano diversi nomi e scopi, gli incroci con altre razze erano frequenti, il risultato degli incroci veniva così ri-nominato di volta in volta, a seconda dello scopo e delle prestazioni, con nomi come “cane da inseguimento”  o “cane cacciatore di uccelli. Ogni cane veniva valutato per la sua capacità di cacciare nel modo giusto e questa sorta di “alchimia” genetica continuò nell’allevamento fino a quando questi cani vennero allevati per le prestazioni sul campo.

Cambiamenti radicali si sono avuti nel tardo 19simo secolo, quando si è incominciato ad allevare in purezza per le mostre e i concorsi cinofili, con i pedigree e i vari registri.   Le mostre canine hanno rinnovato l’interesse verso razze da caccia ormai diminuite per numero di soggetti, nel corso del periodo precedente, a causa della perdita di terreni disponibili per la pratica venatoria legata alla crescita dei centri urbani in Europa.

Fu in questo periodo che sempre più abitanti delle città divennero allevatori di cani, tra cui quelli da caccia, che diventarono così animali ornamentali piuttosto che animali di razza per il loro reale utilizzo. Questi allevatori vendevano cuccioli a scopo di lucro, per gli appassionati delle esposizioni cinofile o come animali da compagnia. Per via del fatto che sempre meno spesso gli allevatori erano cacciatori,  fu l’aspetto del cane a divenire la cosa più importante, e questo avvenne a discapito della sua funzione ancestrale.

Per gli amanti degli show, tutti gli istinti da caccia o da guardia divennero tratti atavici del passato e non vennero più presi sul serio. E ‘interessante osservare come, ancora adesso, alcuni fan delle esposizioni e anche alcuni giudici credano seriamente che in una buona conformazione fisica, siano automaticamente presenti anche le qualità funzionali del cane.

Pertanto, si ritiene che le pluripremiate linee di sangue vincenti alle esposizioni possano essere ottime per il lavoro e molto performanti anche sul campo, se gli dovesse venir data la possibilità.

Questo è improbabile, in primo luogo perchè molti tratti fenici tenuti in alta considerazione nelle expo in realtà non hanno alcun significato funzionale, e inoltre, ci sono tratti anatomici, che sono male interpretati dagli stessi giudici di ring, soprattutto quando questi non sono né cacciatori, né pastori.

Per questo molte razze da caccia divennero così divise in due gruppi, uno per gli show e uno per la caccia. Tuttavia, il problema con le razze da esposizione non finisce qui: utilizzando solo un paio di maschi vincenti agli show come riproduttori ed allevando cani con la massima aderenza alla descrizione di uno standard, si arriva ad una velocissima perdita di eterozigosi nella popolazione.

Un inbreeding persistente, prima o poi risulta nel fissaggio di alleli deleteri e nella comparsa di anomalie genetiche nella prole, con una frequenza sempre più crescente si osservano oggi dentizioni incomplete, chiusure del morso sbagliate, disordini ossessivi e compulsivi del sistema nervoso, anomalie riproduttive, cecità ereditaria, epilessia, displasia dell’anca, ecc.

E’ abbastanza interessante come possiamo già osservare diverse razze che sono derivate da gruppi di aborigeni, in tempi relativamente recenti, e sono già state trasformate in razze di famosi cani da show. Ognuna di esse soffre di disturbi ereditari e più è lunga la storia espositiva della razza, più questa si presenta deteriorata geneticamente.

Ecco qui una lista di alcune di queste razze: Spitz Finnico, Samoyedo, Siberian Husky, Alaskan Malamute, il Cane da Orso della Carelia e il Basenji. Ognuna di queste ha un elenco di problemi ereditari di salute.

Diverse altre razze con solo antenati aborigeni, ma allevati per  uno standard, come ad esempio il West Siberian Laika, il Laika della Siberia Orientale , il Pastore dell’Asia centrale e del Caucaso rimangono in una forma leggermente migliore, perchè ancora destinati ad essere utilizzati per il lavoro sul campo, e non solo per lo spettacolo. Tuttavia, anche loro hanno subito vari cambiamenti e sono lontani dai cani di tipo aborigeno ancestrali.

Tutte le razze autoctone allevate in un canile seguono lo stesso modello di cambiamenti: diventano più grandi e più pesanti, mangiatori voraci, inclini all’obesità e più lenti nel lavoro.

Questi cambiamenti diventano particolarmente evidenti dopo l’età di circa 5 anni. Le loro popolazioni ancestrali aborigene ancora sopravvivono e i confronti ci permettono di osservare e indagare le differenze.

Le differenze tra le linee di sangue degli show-kennels e le loro rispettive popolazioni indigene ancestrali possono diventare abbastanza evidenti molto presto, anche senza una conoscenza chiara dei loro allevatori.

C’è un libro basato su indagini dei problemi di salute ereditari nei cani di razza: “Aspetti medici e genetica del cane di razza”,  di Ross.D. Clark, J. D. Steiner e H. David. Haynes, edito nel 1983. Questo è un libro di 576 pagine sui problemi ereditari delle razze riconosciute dall’AKC e l’FCI.

Potete immaginare quanto gli autori di questo libro avrebbero potuto scrivere su questo argomento, se avessero studiato i cani aborigeni, quelli non contaminati da incroci con razze allevate? Forse, non avrebbero trovato molto, perchè tra i cani aborigeni, le mutazioni come queste sono spazzate via dalla selezione naturale. Probabilmente alleli recessivi con effetti deleteri sul fenotipo si presentano fra di loro con frequenza simile a quella che si trova nelle specie selvatiche. Ricordo ai lettori che in un passato non così remoto fino al 90% della popolazione di Collie era portatrice di cecità ereditaria. Discussione e bibliografia su questo argomento può essere trovata in Beregovoy e Moore Porter (2001) e Derr (1997).

Selezione degenerativa

Il vero stile di vita dei proprietari di cani e le ragioni per cui si allevano o si hanno i cani stessi sono importanti fattori ambientali, che a lungo termine rimodellano tutte le razze canine; ciò avviene anche in contrasto con le buone intenzioni dei proprietari nel cercare di avere i cani di razza migliori. Questo è un risultato della selezione inconscia, che avviene in condizioni di vita passiva in allevamento, all’interno di abitazioni o per via di altre limitazioni fisiche.

La vita dei cani in canili commerciali è particolarmente dannosa per un cane di “razza” aborigena, che è discriminante, fedele, energico, indipendente e capace di lavorare sul campo, tutte qualità queste che non sono necessarie in uno stile di vita “da allevamento commerciale”.

In effetti, il cane preferito di un allevatore di cani da show, in particolare di un allevatore di massa, è un cane ideale per essere alimentato, allevato, coccolato, pettinato e, naturalmente, per le mostre cinofile. Tale cane deve accontentarsi di esser rinchiuso in canile per lunghi giorni senza la libertà di correre e di interagire con il mondo esterno. L’abitudine al canile è diventata un requisito di routine anche per molti cani di famiglia. I cani devono imparare tutti i tipi di cose da non fare, come ad esempio, non esprimere il desiderio di attenzione personale o per la libertà abbaiando o cercando di scappare. In breve, buoni cani da allevamento dovrebbero essere tra i cani che sono i meno esigenti per l’attività fisica e mentale e i meno sensibili a tutti gli stimoli ambientali.

Il loro carattere dovrebbe essere più vicino a quello di un maiale o di un coniglio che a quello del “migliore amico dell’uomo”.

Inoltre, il potenziale vincitore delle mostre cinofile è il più conveniente, indipendentemente dallo scopo originale della razza,  dovrebbe acconsentire di farsi portar via da una persona sconosciuta o di farsi toccare per un’ispezione senza protestare. Il cane deve mantenere la calma per molte ore di tempo sia durante il noioso trasporto che in attesa dell’evento o durante lo spettacolo. Tutte queste qualità sono i presupposti per far diventare un cane pigro e indifferente. In queste condizioni, l’alta energia, l’impetuosità sono uno svantaggio.

I cani con inventiva e i famosi “maestri della fuga” sono più probabilmente quelli della categoria di cui un allevatore commerciale o da cortile, che vive in un vicinato amichevole, vuole sbarazzarsi per primo.

I cani con una lunga storia di selezione per essere “buoni cani da allevamento” non hanno bisogno di alcun istinto innato o abilità nel trovare la loro casa, perchè non sono mai stati messi alla prova in materia, essendo loro condannati a rimanere sempre in canile e non destinati a dover perfomare sul campo.

Vivono la vita e vengono allevati come conigli e si sono adattati a questo.

Alcuni potrebbero obiettare che portano i loro cani a diversi eventi di attività organizzate, appositamente progettate per mantenere i cani e i loro proprietari occupati, come l’agility, il traino di pesi, il coursing o il riporto, lo schutzhund e concorsi di obbedienza. Tutti questi sono meglio di niente, ma con una razza aborigena, questo non può sostituire la realtà della caccia, il traino della slitta o la protezione del bestiame giorno dopo giorno, tutto l’anno.

Tutte queste attività da cani di città sono come una goccia nel mare e sono inoltre tutte attività diverse, ognuna delle quali richiede un cane diverso. Per una razza aborigena, il lavoro è una parte della vita; per una razza allevata, il lavoro è un divertimento attivo periodico.

Un’altra forma degenerativa di selezione in contrasto con le caratteristiche della maggior parte dei cani biologicamente perfetti è collegato con la funzione biologica di base della riproduzione, l’accoppiamento per dare alla luce i cuccioli. Alcuni allevatori trattano i loro cani come se fossero animali da reddito agricoli o piante ornamentali.

Le femmine con più di un estro all’anno e che producono cucciolate più grandi hanno un vantaggio selettivo naturale e questo è buono per trarre maggior profitto dalla vendita di cuccioli. Femmine che non accettano i maschi senza i preliminari di un corteggiamento prolungato sono in svantaggio, soprattutto se  devono essere fatte accoppiare dopo un lungo viaggio lontano con uno stallone prescelto a loro sconosciuto.

Tutte le forme naturali di comportamento, come il corteggiamento, la lotta, gli inseguimenti a volte estenuanti, hanno uno scopo adattivo che serve a prevenire l’accoppiamento con maschi non idonei alla riproduzione.

Gli allevatori preferiscono femmine pronte ad accoppiarsi con qualsiasi maschio.

I maschi selezionati, i campioni vincitori delle esposizioni sono “preziosi” potenziali riproduttori e di solito sono aiutati ad accoppiarsi vincolando la femmina, che altrimenti li rifiuterebbe, percependo la loro inferiorità biologica.

I cani devono accoppiarsi sempre, soprattutto se uno di loro è stato ”spedito lontano”, solo per l’accoppiamento con un cane scelto. Quando i cuccioli stanno per nascere, tutta la letteratura orientata ai prodotti commerciali sui cani ti dice solo e sempilcemente: “chiama il veterinario”.

Una buona cagna femmina aborigena è una buona madre e non ha bisogno di alcuna assistenza, se non di un luogo protetto dalle intemperie, un po’ di cibo e una ciotola con acqua. La madre sà cosa è il meglio ed è giusto permettere alla natura di fare il suo corso. Non chiamare il veterinario, ma se il cane non può riprodursi in modo naturale, non riprodurlo affatto.

Anche l’alimentazione a base di crocchette o cibo secco per cani, se protratta per generazioni, cambierà i nostri cani geneticamente. Il cibo prodotto commercialmente per i cani, non mantiene in esercizio le mascelle e i muscoli, rende i denti sporchi e sovraccarica il sistema digestivo del cane con tutti i tipi di ”zavorra” possibili e immaginabili. Si fa mangiare, digerire, defecare quasi come in un erbivoro, con una produzione di un sacco di escrementi. A lungo andare, può innescare certi cambiamenti adattativi nei cani. Dategli da mangiare alimenti naturali!

Gli allevatori commerciali di cani preferiscono riprodurre le femmine più giovani.

Molti problemi di salute ereditari si rivelano con l’età, in particolare, quando il cane ha più di 3-4 anni di vita. Agli allevatori commerciali non piace correre rischi con l’allevamento di cani anziani. Così, mutazioni deleterie con effetto sul fenotipo in età avanzata sono evitate.

Questo è il motivo per cui abbiamo così tante razze di cane da esposizione, che non sono molto intelligenti, morsicatori spontanei e in assenza di provocazione, che non sviluppano un legame con il padrone o un attaccamento naturale al luogo in cui vivono, che si perdono una volta lasciati soli senza guinzaglio, specie se lasciati per qualche tempo senza sorveglianza, ecc. Abbiamo eserciti di cani in terapia comportamentale, addestratori di cani, psicologi di animali e veterinari.

Sono i nostri cani di razza da allevamento a tenerli occupati.

Con i cani aborigeni, questi specialisti perderebbero i loro guadagni semplicemente perchè sono tutti sani fisicamente e mentalmente. Gli allevatori nativi di cani aborigeni semplicemente uccidono tutti gli individui anormali.

Conservazione dell’eterozigosi di razze autoctone

Infine, vi è un’altra caratteristica importante delle razze aborigene, che è ancora poco indagata: ogni razza aborigena nel proprio ambiente dovrebbe avere un alto livello di eterozigosi, simile alle specie di animali selvatici.

Gran parte della variazione è di natura poligenica.

L’elevata eterozigosi della popolazione aborigena può verificarsi a priori, a causa della nota gamma di variazione fenotipica nelle loro popolazioni e perchè la stabilizzante selezione naturale favorisce gli organismi eterozigoti. Questo è come il polimorfismo bilanciato che viene mantenuto nelle popolazioni di animali selvatici. E’ così che una popolazione naturale assorbe, come una spugna, alleli provenienti da altre popolazioni aborigene.

Questo è quello che accade quando i cani entrano in un contatto diretto a seguito delle transumanze.

Il vigore ibrido ha un vantaggio selettivo, soprattutto se i nuovi alleli ottenuti sono quelli benefici, è questo il motivo per cui le popolazioni indigene sono sempre un po’ imbastardite.

Nonostante alcuni tipi di cani aborigeni prevalgano a livello locale, in condizioni di riproduzione incontrollata e scambio genetico frequente con le popolazioni delle regioni limitrofe e più lontane, questi sono sempre aperti alle nuove possibilità che si presentano naturalmente.

Gli effetti della variazione causata dai contatti tra i cani durante le migrazioni stagionali (transumanza) sono molto vecchi e ben descritti da Cruz (2007) nel “Bestiame e cani da pastore del Portogallo”.

Questo tipo di variazione esisteva molto prima del recente afflusso di cani importati e non deve preoccupare nessuno. Carovane commerciali, fiere regionali, battute di caccia lontano da casa, missioni di guerra e lo stile stesso di vita nomade dei proprietari di cani aborigeni con il loro bestiame hanno contribuito a mantenere la somiglianza generale dei cani adibiti allo stesso fine, anche su grandi territori, nonostante alcune differenze locali tra popolazioni di cani che sono sopravvissute per lunghi periodi di tempo.

La variazione causata dall’incrocio di cani aborigeni con scopo simile non è un problema, perchè tutti possono fare lo stesso lavoro e la loro capacità di sopravvivere non diminuisce.

Esempi di questo tipo di incroci sono in Kirghizistan tra Taigan e Tazy, in Afghanistan, tra Afghani e Saluki, in Azerbaijan tra Cani da Montagna di varietà a pelo lungo e a pelo corto, in Siberia, tra tipi di Laika appartenenti a gruppi etnici vicini, tra i diversi tipi di popolazioni contigue di cani da slitta nordici, ecc.

Sarebbe del tutto diverso, se le razze autoctone fossero state incrociate con le razze da allevamento importate. Anche una piccola mescolanza con razze moderne allevate verrebbe spazzata via dalla selezione naturale. Tuttavia, un incrocio di massa, quando i cani di razza importati addirittura superano in numero quelli aborigeni, sarebbe una condanna a morte per la “razza” aborigena.

Sebbene le razze aborigene siano nate per mano di allevatori di cani nativi, ripulire i geni alieni da essi sarebbe molto difficile senza una certa conoscenza della scienza animale, della genetica e della buona conoscenza della razza. Poichè la conservazione di una razza aborigena significa la conservazione di una popolazione, non quella di solo alcuni cani interessanti raccolti da turisti, questa dovrebbe essere sempre attuata da allevatori veramente interessati. In uno sforzo collettivo.

La preservazione delle razze aborigene dall’estinzione

Evitare la selezione negativa inconscia è molto importante per un programma di allevamento a lungo termine di qualsiasi razza aborigena e si tratta di un compito impegnativo.

Per esempio, se un cinofilo ben informato importa un paio di cani aborigeni dalla loro terra natale, egli si prenderà certamente cura di loro e farà sicuramente del suo meglio nel cercare una buona casa per i suoi cuccioli. Tuttavia, la selezione naturale si ferma qui.

Ora, spetterà al lavoro diligente dell’allevatore che dovrà attuarsi per non “distruggere” le forze del cane e le sue capacità di lavoro, che lo avevano così affascinato, in primo luogo. Questo lavoro deve essere ben organizzato e l’allevamento deve essere rivolto principalmente ad una selezione basata sulle performance di utilità, caratteristiche di resistenza e vigore fisico.

I cani devono essere tenuti e valutati in condizioni il più naturale possibili.

Tenerli occupati,  con la caccia, trainando slitte o a guardia della pastorizia, questo a seconda della professione di ogni rispettiva razza; bisogna inoltre garantire diverse interazioni con altri cani e con il resto dell’ambiente. Questo aiuta a conoscere i cani e a scoprire i migliori cani da riproduzione. Come potrete scoprire se il vostro cane è intelligente e capace di un lavoro se lo terrete rinchiuso tutto il tempo?

Molti di noi abbandonerebbero subito l’idea di avere un cane, perchè non tutti avrebbero il tempo e le condizioni ideali per poterlo accudire nel modo giusto. Per avere successo, l’allevatore di cani aborigeni dovrebbe concentrarsi sulle loro prestazioni migliori.

Attualmente, ci sono un paio di appassionati, che cercano di allevare cani migliori, utilizzando come unico criterio per valutare la razza le prestazioni reali, quelle sul campo. Ciò significa selezionare per una certa funzione, invece che per un certo aspetto.

Negli Stati Uniti, i cacciatori di coyote nelle praterie dell’Ovest e negli stati centrali stanno cercando di sviluppare il Cane da Coyote da almeno 100 anni (Eliason, 2007).

Ci si potrebbe chiedere: perchè sviluppare un altro tipo di cane segugio a vista, quando abbiamo già diverse razze di ottimi levrieri per la caccia di tutti i tipi di prede? Il problema è che nessuno di loro soddisfa un cacciatore di coyote. Nelle condizioni esistenti nella prateria americana e negli stati occidentali, i levrieri non sopportano il caldo e possono anche morire di surriscaldamento, se utilizzati in una giornata calda, dopo un paio di prede. Inoltre, si possono rompere le gambe sul terreno accidentato.

I cani da cervo scozzesi hanno abbastanza coraggio per combattere un coyote, ma non sono abbastanza veloci per prenderlo, i Borzoi possono correre veloce, ma non sono abbastanza agili quando il coyote inizia a passare sotto ai recinti di filo spinato e ai cespugli, oltre a non amare troppo il caldo. Un buon Cane da Coyote deve essere veloce, maneggevole, audace e aggressivo, forte e abile per la cattura di un predatore forte e veloce come il Coyote. Gli appassionati di caccia al coyote hanno incrociato tutti i tipi di levrieri e perfino altri cani per aggiungere le qualità necessarie ai soggetti della loro principale razza mista.

Tentativi ed errori continuano, va bene tutto ciò che aiuta ulteriormente a migliorare la razza funzionalmente.

E ‘una razza? Sì, questa è la razza, che è la migliore a catturare e uccidere coyote. Il suo aspetto non importa molto, ma nella loro funzionalità, gli esemplari sono tutti molto validi e simili anatomicamente. Il loro aspetto è variabile, ma questo non è importante per la loro funzione, alcuni cani hanno un pelo ispido e hanno la barba, come il Cane da Cervo Scozzese, qualcun’altro ha il mantello liscio, altri hanno un orecchio eretto e l’altro pendente e qualsiasi colore del mantello è accettato .

La loro anatomia funzionale e il loro vigore sono stati perfezionati fino ai “limiti” ma alcuni  tratti, che possono comparire, meno importanti, come orecchie o colore del mantello, sono autorizzati a variare.

I proprietari e gli utilizzatori del Cane da Coyote pensano che i loro cani sono belli, ma per il tradizionale allevatore di cani “puristaª questo è difficile da accettare. I cacciatori di coyote vedono la bellezza nelle ”prestazioni” dei loro cani. Il Levriero da caccia al Coyote è veramente un cane di razza unica, con un’unica e più importante caratteristica, questi cani possono catturare e uccidere un coyote meglio di qualsiasi altra razza esistente.

Un altro esempio è l’Alaskan Husky. Che razza di razza è? L’Alaskan Husky è un cane di razza, che può tirare le slitte molto velocemente e molto lontano. La funzione viene prima. A che cosa assomigliano i cani? Sono molto simili allo Spitz Nordico (o Cane da slitta siberiano). Ogni colore del mantello è accettabile, alcuni cani non hanno le orecchie perfettamente a punta o le orecchie simmetriche, ma a causa della funzione e l’ambiente del nord, prevale il classico aspetto del cane da slitta.

Geneticamente, questa razza è in un flusso costante, perché i suoi appassionati incrociano di nuovo e di nuovo, cercando di migliorare la funzione. Tutti i tipi di razze sono stati aggiunti allo stock di allevamento: aborigeni del Nord America, cani da slitta simili al Canadian Eskimo/Inuit Dog, l’Alaskan Malamute e il Siberian Husky.

Dall’era della “Corsa all’Oro” sono stati introdotti i levrieri  per la velocità,  i segugi per il rendimento, il Setter Irlandese per temperamento iperattivo, e più recentemente il Pointer Tedesco a pelo corto, il Pastore Tedesco e, a volte, il lupo. Tutto questo è stato ricombinato e riselezionato per migliorare una funzione, che è sempre la stessa, correre molto veloce e per molto tempo. L’aspetto è subordinatao all’utilità. Forse sotto la pressione della selezione naturale e della vita nel nord, a colpo d’occhio l’Alaskan Husky è un cane da slitta nordico. Gli Alaskan Huskies  per alcuni non saranno abbastanza belli, ma vincono le gare.

Questi due esempi meritano la seria attenzione di zoologi e genetisti. Alcuni esperti di cani rifiutano decisamente di riconoscere queste due razze, ma in realtà, questi cani sono di razza tanto quanto come qualsiasi altra razza con pedigree, ma si basano su un diverso concetto di razza.

In questi due casi, l’aspetto è subordinato alla capacità di svolgere un lavoro ed i cani di ciascuna delle due razze sono abbastanza uniformi anatomicamente e nel comportamento.

Forse, questo è il modo in cui hanno incominciato a formarsi tutte le razze aborigene in tempi preistorici, quando gli antenati di queste assomigliavano al Dingo o ad altri cani aborigeni in generale? La selezione per lo svolgimento di un determinato lavoro è iniziato dal momento in cui il lupo è stato addomesticato.

Probabilmente il lavoro dei primi cani era solo quello di essere un animale domestico e ogni tanto cibo.

Questa è quella nicchia ecologica, che è stata occupata dai Dingo australiani prima di essere scoperti dagli europei.

Essere selezionati nel corso dei millenni per diverse funzioni ed essersi adattati ad ambienti geografici differenti, ha prodotto: Laika, Saluki, i cani da guardia al bestiame e altri tipi di razze autoctone. Il loro futuro destino dipenderà dal destino di interi sistemi ecologici, da lì in quei posti dai quali essi sono arrivati a noi.

Allevare per la conservazione non è lo stesso che allevare per migliorare. Anche se sappiamo cosa una particolare razza aborigena dovrebbe essere in grado di fare e di come questa dovrebbe apparire, l’allevamento in “cattività” può aiutare solo come misura temporanea, ma se continuato per molte generazioni,  cambierà la razza in peggio, perchè di selezione degenerativa.

Alcune razze aborigene sono molto variabili morfologicamente e sono anche politipiche, che significa che hanno più di un tipo in una popolazione o più sotto-razze “vicine”.

Comprensibilmente, la loro diversità naturale non può essere preservata in un allevamento per uno standard di razza tradizionale che riduce la variazione il più possibile. Lo standard di una razza aborigena deve essere più liberale, descrittivo e includere più di un tipo che si trova nel paese di origine della razza.

A. Sedefchev e S. Sedefchev (2007), già messi a lavorare con il Karakachan Dog.

I migliori cani adatti alla riproduzione non dovrebbero essere i campioni delle mostre, ma piuttosto i cani migliori. Intere mostre canine e prove per razze autoctone, dovrebbero essere ripensate per sottolineare il comportamento sul campo e le prestazioni fisiche.

La conservazione di massima eterozigosi nell’allevamento potrebbe essere raggiunto a scopo benefico utilizzando diverse linee parallele con periodici e successivi incroci. Gli allevatori degli animali agricoli da reddito usano comunemente questo metodo.

Utilizzare e allevare cani aborigeni per l’impiego di un lavoro diverso e che è nuovo per loro sarebbe equivalente a cambiarli, soprattutto se per fare questo essi vengono selezionati per una maggiore addestrabilità. Questo li cambierebbe rendendoli più reattivi ai comandi dell’addestratore, ma  ciò andrebbe a scapito della loro capacità di lavorare in modo indipendente, capacità acquisita nei loro paesi d’origine.

I proprietari di razze d’allevamento continueranno nel riprodurre e nel portare i loro cani alle esposizioni, e a molti non dispiacerà prendere ed allevare alcune delle razze autoctone per lo stesso scopo. Alcuni ceppi derivati da razze autoctone, dopo un certo numero di generazioni, saranno selettivamente modificati per un uso diverso, o addirittura trasformati in una razza diversa con un nome diverso.

L’aggiunta di geni sani e vigorosi di razze autoctone “wild-type” alle razze di allevamento possono essere un vantaggio per queste ultime. Tuttavia, questa attività è irrilevante per il nostro obiettivo: preservare antiche razze aborigene autoctone.

La conservazione delle razze autoctone dovrebbe essere una parte di un più ampio progetto di conservazione della natura, che coinvolge paesaggi, vegetazione e animali selvatici come lepri, antilopi, sciacalli, volpi, lupi, coyote, orsi, ecc. Naturalmente, le etnie con i loro modi tradizionali di utilizzo del territorio, con il loro bestiame e i cani sono una parte vitale di tale progetto. Una conservazione efficace non potrà essere messa in atto a meno che i popoli che vivono e fanno affidamento su questi territori siano parte integrante del processo di conservazione.

Conservazione Naturale e vari fondi di beneficenza raccolti attraverso le associazioni dedicate dovrebbero sostenere tale progetto così che gli amanti dei cani aborigeni possano trarne vantaggio, salvando veramente il “wild type” delle principali popolazioni di razze autoctone.

A questa conferenza, abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare gli studi e gli sviluppi della storia, la variazione e la conservazione del Tazy in Asia centrale e in Kazakistan. La razza è sicuramente sulla strada per il recupero (KN Plakhov e AS Plakhova, 2005). Gli autori hanno fatto un lavoro enorme per salvare la razza nel paese e hanno accumulato molti interessanti conoscenze della storia della razza e delle varietà esistenti. Tuttavia, la recente idea di sviluppare una razza a parte, il kazako Tazy, è potenzialmente pericolosa per l’idea di preservare questi cani come una vera razza aborigena. Verrebbe semplicemente trasformata in un’altra razza da allevamento con tutte le successive modifiche, come ad esempio una riduzione della variabilità e l’isolamento dalla sua popolazione che ancora sopravvive nella vita reale aborigena.

Molto interessanti sono i risultati scientifici, approfonditi dagli studi sulle razze aborigene del Portogallo che sono stati presentati da Cruz (2007).

Un esempio di progresso nella conservazione del Cane Karakachan  è stata fatta da A. Sedefchev e S. Sedefchev (2007) in Bulgaria. I Sedefchevs, non hanno volato ad Almaty, come avevano progettato, ma ci hanno mandato il loro articolo. Conducono un progetto emozionante per conservare tre antiche razze di animali che ancora sopravvivono in Europa: il Cane Karakachan, la pecora Karakachan e la razza autoctona di cavalli, e questo lavoro è una parte di un progetto integrale di conservazione della natura, in cui sono inclusi lupi e orsi. Tali sforzi possono servire da esempio per gli altri, per capire come ottenere un finanziamento e affrontare problemi difficili e complessi.

Alcuni allevatori, utilizzano attivamente i cani aborigeni per il lavoro e per lo sport; questi sono esattamente quelle persone, che devono contribuire seriamente nella conservazione per le generazioni future. Tuttavia, la salvaguardia dei cani aborigeni nei loro paesi nativi è il modo più affidabile per garantire la sopravvivenza di questi cani straordinari e unici.

Ceppi di razze autoctone in possesso di proprietari di cani lontani dal loro Paese di origine, avranno bisogno di un periodico scambio genetico con le popolazioni del “wild type”, proprio come l’antico gigante greco Anteo aveva bisogno di toccare madre terra per riprendere le forze.

Traduzione in italiano di Francesco Spiaggia

Letteratura:

Beregovoy, V. e J. Moore Porter. 2001. Razze Primitive – I cani perfetti. Hoflin Publishing. 424 pp.Coren, S. 1994. L’intelligenza dei cani. Una guida per i pensieri, le emozioni e le vite interiori dei nostri compagni cani. Bantam Books. New York, Toronto, Londra, Sydney, Auckland. 271 pp. Cruz, C. 2007. Bestiame. Cani da guardia al bestiame del Portogallo. Una revisione delle conoscenze attuali. In questa pubicazione. Derr, M. 1997. Bes amico del cane. Annali di Dog rapporti umani. Henry Holt and Company, NewYork, 380 pp. Eliason, E. 2007. In questa pubblicazione.

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Quanto può imparare l’uomo dalle interazioni dei cani? Ecco come i cani risolvono pacificamente i conflitti. https://deborasegna.it/2016/11/29/quanto-puo-imparare-luomo-dalle-interazioni-dei-cani-ecco-come-i-cani-risolvono-pacificamente-i-conflitti/ https://deborasegna.it/2016/11/29/quanto-puo-imparare-luomo-dalle-interazioni-dei-cani-ecco-come-i-cani-risolvono-pacificamente-i-conflitti/#comments Tue, 29 Nov 2016 20:00:44 +0000 http://www.deborasegna.it/?p=1871 Comportamenti naturali e comportamenti indotti

Cari amici, oggi vorrei parlarvi delle strepitose e affascinanti strategie che molti cani sono in grado di adottare per risolvere i conflitti con i propri cospecifici o con gli esseri umani.

Alcune razze, con la domesticazione, hanno un po’ perso o plasmato alcuni dei comportamenti più primordiali, tipici dei loro antenati lupi. Per fare un esempio, la domesticazione e la selezione hanno portato ad un incremento delle vocalizzazioni in alcune razze, come l’abbaio. Sembrerebbe che alcuni cani siano stati selezionati per abbaiare di più per poter cooperare meglio con l’uomo, come nel caso dei cani da guardia o nel caso dei terrier che dovevano abbaiare più frequentemente per avvisare il cacciatore quando trovavano una preda nella tana.

Tuttavia i cani hanno conservato dei comportamenti scolpiti nel loro DNA e trasmessi dai loro antenati, tra cui la capacità di risoluzione dei conflitti. Poiché i cani non vivono in branco naturalmente come i lupi o i cani randagi e selvatici, ma c’è una continua influenza umana, queste capacità dipendono però da una serie di fattori:

  • dalle esperienze che ha vissuto sin dai primi mesi di vita;
  • dagli insegnamenti ricevuti in età giovanile dai propri simili;
  • da una predisposizione genetica individuale;
  • da una predisposizione genetica di razza, perché quelle primitive sono più inclini ad avere le competenze sociali dei lupi.

I cuccioli infatti tendono ad imitare i comportamenti, sia positivi che negativi, dei cani adulti, e se un cucciolo si relaziona con cani socializzati ed equilibrati con tutti, apprenderà i comportamenti di quei cani proprio come se fosse una vera scuola di vita. Tutti gli insegnamenti ricevuti forniranno al cucciolo delle competenze che gli serviranno per comunicare e risolvere i conflitti  con gli altri individui nel migliore dei modi.

I lupi sono molto bravi in questo, perché il più delle volte riescono a risolvere le divergenze senza farsi del male, perché, per loro, ogni membro del branco è fondamentale ai fini della sopravvivenza e del proseguimento della specie. Per tutti gli esseri viventi esiste un solo obiettivo: adottare diverse strategie al fine di vivere più a lungo e trasmettere i propri geni alle generazioni successive.

I conflitti

Innanzitutto definiamo con precisione cosa è un conflitto:

Il conflitto può essere definito come la presenza, nel comportamento di un individuo, di assetti motivazionali contrastanti rispetto alla meta. In altri termini il conflitto in psicologia indica uno scontro tra ciò che una persona, o il proprio gruppo di appartenenza, desidera e un’istanza interiore, interpersonale o sociale che impedisce la soddisfazione del bisogno, dell’esigenza o dell’obiettivo connessi a tale desiderio. Il conflitto è in stretto legame con la frustrazione poiché i desideri, i bisogni e le esigenze spesso continuano a sussistere anche se sono tra loro apparentemente inconciliabili…

In parole povere se volessimo dare una definizione sintetica di conflitto, potremmo dire che il conflitto è:

una situazione in cui un essere vivente, percepisce una incompatibilità con uno o più soggetti o fattori che ostacola od ostacolano la propria realizzazione in termini di pensieri, emozioni e comportamenti.

Nella risoluzione dei conflitti e non solo, i cani hanno molto da insegnare a noi umani e posso affermare questa cosa con cognizione di causa dato che da molti anni osservo il loro comportamento che mi ha trasmesso tantissime cose positive e dato delle vere e proprie lezioni di vita.

Strategie di risoluzione dei conflitti

I cani utilizzano diverse strategie comportamentali per la risoluzione dei conflitti, tra cui:

  • Comportamenti di gioco: Il gioco che può essere inquadrato come un adattamento evolutivo, consente agli individui di creare e mantenere legami sociali. I canidi, come gli umani, formano un’intricata rete di relazioni sociali e vivono secondo le regole di condotta che mantengono stabile la società, stabilità necessaria per assicurare la sopravvivenza di ogni individuo. Il gioco viene anche spesso utilizzato da cani e da lupi, per testare il grado di socialità degli individui con i quali si entra in relazione e sempre attraverso di esso si interrompono delle tensioni che si sono create all’interno del branco.
  • Comportamenti ritualizzati: i comportamenti ritualizzati, sono una sorta di rituali, adottati sia da cani che da lupi che attraverso la postura del corpo, le espressioni facciali, i vocalizzi e le marcature permettono di evitare lotte cruenti che spesso possono insorgere per diverse motivazioni come: la difesa del territorio, la leadership, la difesa delle risorse (acqua e cibo), la difesa dei cuccioli, la conquista di una femmina ecc… La ritualizzazione ha come obiettivo il mantenimento dell’ordine all’interno del branco e il risparmio di energie. I comportamenti ritualizzati hanno anche una collocazione di tipo sessuale, ossia vengono utilizzati  da molti animali per la conquista del partner.
  • Comportamento aggressivo sociale: il comportamento aggressivo sociale è tipico di quegli individui, appartenenti ad una determinata popolazione che hanno sviluppato la capacità di risolvere i conflitti intraspecifici ricorrendo in misura minore all’aggressività. L’aggressività sociale, è basata sulla capacità di riconoscere determinati segnali e di adottare alcuni modelli di comportamento. Questo dipende dai processi di apprendimento e dall’ambiente. L’aggressività sociale induce comportamenti ritualizzati al fine di non ferire un compagno o il soggetto con il quale si è innescato un conflitto. Per esempio un cucciolo che, reagendo ai vocalizzi del fratellino, smette di morderlo, vuol dire che ha imparato a reagire ad uno specifico segnale-stimolo.

Descrizione del video

Il video che segue l’articolo mostra proprio ciò di cui ho parlato fino ad ora, ovvero come i cani siano molto bravi nel risolvere i conflitti intraspecifici (fra membri della stessa specie). Nel filmato vediamo diversi skill comportamentali e strategie attuate da differenti cani di varie razze, al fine di mitigare una situazione di tensione che si è venuta a creare.

I cani protagonisti sono:

  • Thor: cane maremmano randagio bianco molto grande
  • Macchia: cane randagio mix maremmano e australian shepherd
  • Phoenix: canadian inuit dog padronale
  • Pablo: labrador maschio padronale

Thor e Macchia sono due cani randagi che fanno parte dello stesso gruppo sociale e vivono prevalentemente nella zona dei Pratoni del Vivaro. Thor, il maremmano bianco, è un cane alpha, un capo branco equilibrato con tutti i cani e con tutte le persone.

Questo cane ha una personalità e un carattere molto forte, viene rispettato da tutti proprio per il suo straordinario equilibrio, non mostra mai atteggiamenti aggressivi senza che vi sia una reale minaccia o sottomette il branco con la forza, spesso ha riportato l’ordine fra cani padronali che si stavano azzuffando, senza mai fare del male a nessuno, semplicemente attraverso comportamenti ritualizzati, per questo Thor si può definire “un cane regolatore/moderatore”.

Voglio precisare che un vero leader, un capo branco (un alpha) non è colui che incute timore nel branco, come ancora erroneamente si tende a credere, ma è colui che trasmette fiducia ai membri del branco proprio perché li protegge dai pericoli, procura una tana sicura e cibo e insegna loro delle nozioni importanti per la vita, perché ogni singolo individuo è fondamentale per la sopravvivenza della specie. Nei gruppi di lupi,  l’essere “capo branco” non è una scelta che viene imposta forzatamente al gruppo ma il capo branco è colui che viene scelto dai membri del branco stesso proprio per queste sue caratteristiche.

Macchia è un cane Beta, ossia la sentinella del branco, colui che delimita il territorio, che allerta il gruppo nel caso di pericolo e che è anche più rissoso e giocherellone.

Phoenix, è un canadian inuit dog, razza primitiva aborigena che ha preservato molti degli istinti primordiali tipici dei lupi. Phoenix al pari di Thor, si può definire una femmina alpha con la capacità di regolare/moderare molte situazione critiche che si vengono a creare soprattutto fra cani rissosi.

Infine c’è Pablo, labrador maschio iperattivo, facilmente sovreccitabile e con una base di insicurezza. Pablo, non sempre riesce a relazionarsi in modo sereno con i propri cospecifici, sia maschi che femmine , soprattutto con quelli dalla forte personalità. Pablo tende a diventare aggressivo, fino ad arrivare a mordere, quando vede soggetti in movimento o se entra in competizione per i bastoncini che lui ama in modo morboso.

Nel video, possiamo osservare delle affascinanti ed istruttive interazioni avvenute principalmente fra i cani sovradescritti. Relativamente a queste interazioni si possono vedere alcuni dei comportamenti sovracitati, come: il comportamento di gioco, il comportamento aggressivo e i comportamenti ritualizzati, questi ultimi conosciuti anche come comportamenti agonistici.

All’inizio della ripresa, fatta casualmente da Genevieve Schauinger, si vedono i due maremmani, Thor e Macchia che iniziano a giocare energicamente. I due giocano spesso in questo modo e a volte usano questo comportamento per testare il grado di socialità di cani nuovi con i quali entrano in contatto.

Pablo, il labrador color miele, entra subito in uno stato d’allerta e si direziona con atteggiamento di minaccia, osservabile dalla piloerezione presente sulla schiena (pelo dritto in questo caso fra le scapole e alla base della coda) e dalle labbra increspate con denti scoperti. Pablo si fionda con aggressività fra i due con l’intento di mordere dapprima Macchia, quello che ha una posizione sicuramente più svantaggiata rispetto a Thor e poi tenta di mordere Thor. Phoenix che aveva capito prima di noi le intenzioni di Pablo, molto prima che lui partisse verso i due maremmani, si dirige verso il gruppo per salvare “capra e cavoli”, in parole povere per evitare che accada il peggio.

Conoscendo, l’indole di Macchia e la forza fisica e caratteriale di Thor, Phoenix ha cercato di evitare che Pablo esagerasse nei comportamenti aggressivi e che alla fine potesse essere sbranato. Il ragionamento di questi cani è stato così veloce e fine che ripensandoci a mente lucida e riguardando per migliaia di volte il video, mi viene la pelle d’oca.  Ritornando a Phoenix, lei è corsa verso i tre maschi, ha spaccato fisicamente in due il gruppo portando via Macchia da quella situazione di tensione, per far gestire a Thor la disputa con Pablo. Phoenix ha portato via Macchia perché sapeva che lui poteva essere più emotivo e pesante nella gestione degli attriti con Pablo, oltre al fatto che Thor e Macchia sono un branco e in due, se Pablo avesse esagerato, avrebbero potuto fargli del male.

Così, dopo l’allontanamento di Macchia, si vede Thor che con molta fermezza e sicurezza afferra con i denti per la collottola Pablo, come se fosse un cucciolo e senza ferirlo e senza terrorizzarlo, gli dà, con molta nonchalance, una lezione di buone maniere. Quando Thor si rende conto che Pablo ha capito la lezione, lo lascia a Phoenix che lo allontana da Thor, controllando ogni passo di Pablo, tenendogli la testa vicino la sua schiena, tipico atteggiamento di controllo di un cane su un altro.

Infine si vede Macchia che si reca da Thor, in cerca di conferme e mentre Thor continua a monitorare la situazione anche attraverso il ringhio, perché Pablo era ancora un po’ eccitato, Macchia inizia a fare una corsa di scarico,facendosi rincorrere da Pablo, per sdrammatizzare la situazione, abbassare i livelli di stress e cercare di calmare gli animi, sempre sotto l’attenta visione di Thor.

In tutto questo Pablo non ha ricevuto solo un rimprovero ma avuto un insegnamento importante da parte di ogni singolo cane, perché gli è stato dimostrato che si può “dialogare” in modo incisivo e deciso e cercare un punto d’incontro senza utilizzare necessariamente metodi troppo duri perché, la violenza non porta mai a nulla di buono.

Qui sotto trovate il video, il primo in versione normale, il secondo rallentato il slow motion, in modo da rendere più evidenti i dettagli che altrimenti sarebbero difficili da percepire.

Versione normale del video

Versione in slow motion

Conclusione

Abbiamo potuto osservare come i cani, a differenza della maggior parte degli uomini, siano estremamente assertivi e bravi nel risolvere i conflitti, mediante comportamenti ritualizzati, senza che nessuno ne esca ferito.

I cani equilibrati non hanno bisogno di manifestazioni violente per esporre il proprio punto di vista, un cane sicuro di sé comunica in modo chiaro, diretto ed efficace senza mai fare del male a nessuno, se non vi è un reale pericolo, questo perché un cane, a differenza di ciò che pensano ancora alcune persone, non è un animale dotato solo di istinti ma è anche in grado di provare emozioni e di fare ragionamenti strutturati.

Sarebbe importante che i cuccioli imparassero a relazionarsi sin da piccoli con cani equilibrati, perché per quanto noi esseri umani possiamo impegnarci al meglio per educare un cucciolo ed avere le migliori intenzioni, non potremo mai in nessun modo sostituire gli insegnamenti che vengono dati dagli individui appartenenti alla stessa specie. Le interazioni sociali, con individui di vario sesso, età e taglia sono importanti ai fini dello sviluppo di una buona comunicazione e questo favorisce l’adattamento a diverse situazioni e ai cambiamenti, oltre al fatto che per il cane è fondamentale socializzare con i propri simili perché uno dei suoi bisogni primari è vivere e cooperare in gruppo.  Più un cane vivrà esperienze positive e si relazionerà con altri cani socievoli sin dalle prime settimane di vita e più avrà grandi possibilità  di sviluppare importanti competenze sociali.

Se volte avere avere una vera relazione con il vostro cane non abbiate paura di lasciarli liberi di esprimersi e imparate ad osservare il loro linguaggio, perché un essere vivente che può manifestare le proprie emozioni sarà un individuo felice e voi lo sarete con lui, perché diventerete persone migliori osservando gli insegnamenti che queste meravigliose creature possono darci.

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